"Facciamo argine alla criminalità organizzata, le mafie sono come il covid: contaminano"

Parla il nuovo prefetto di Firenze Alessandra Guidi: «Le proteste anti movida? Dobbiamo controllare tutto il territorio con lo stesso impegno»

Alessandra Guidi

Alessandra Guidi

Firenze, 26 febbraio 2021 - "La più felice della promozione a prefetto di Firenze? Sicuramente mia mamma, che in città è nata e cresciuta". Alessandra Guidi, alla guida di Palazzo Medici Riccardi da fine novembre, è legata dalla sua storia familiare alla città, che conosce e frequenta fin da bambina. Due figli grandi e marito medico e docente universitario, il prefetto Guidi ha alle spalle una carriera iniziata nel ’90 che l’ha portata a rivestire importanti incarichi al ministero degli Interni. Già prefetto di Arezzo, prima dell’arrivo a Firenze era vicedirettore della Pubblica sicurezza e guidava l’attività di coordinamento e pianificazione delle forze di polizia. Prefetto, com’è stato l’impatto con Firenze? «Ottimo perché ho trovato grande spirito di collaborazione da parte di tutti, a partire dal Comune e dalla Città metropolitana. E poi qui il tessuto sociale è sano, le istituzioni fanno rete». Un momento complicato anche per le restrizioni imposte dalla pandemia. Non sono mancate le ribellioni. «Sì ma sono state limitate e penso ai ristoranti che hanno aperto nonostante i divieti come forma di disobbedienza civile. Lo ritengo un messaggio gravissimo perché penalizza chi le norme le rispetta. Ma il valore della regola in generale ha tenuto». Anche gli assembramenti della movida hanno richiesto un maggiore impegno da parte delle forze dell’ordine. «Ho sentito lamentele perché magari una pattugiia passava e non si fermava. Ma i cittadini devono sapere che il presidio del territorio, di tutto il territorio, va mantenuto va mantenuto. esiste un’organizzazione a rotazione per intervenire su scippi, furti, rapine, spaccio con servizi dedicati. Il numero delle pattuglie non è infinito, ma non abbiamo mai fatto mancare il supporto alle polizie locali». Non c’è solo la movida. «Appunto. La porzione del territorio della movida, è una porzione, ma il controllo deve essere attivo su tutta la città e la provincia. Esiste una regola di ingaggio, se c’è una chiamata da Novoli, le forze dell’ordine devon intervenire».  Una coperta corta. «Il numero delle forze in campo non è infinito, ma ci siamo già attivati per incentivare la conoscenza dei problemi nei singoli quartieri, in coordinamento con i presidenti dei quartieri stessi, per intervenire dove c’è il problema». Uno dei timori più forti è che l’effetto pandemia lasci maggiori spazi alle infiltrazioni mafiose. «Il tema si pone ogni volta che siamo in una fase di crisi economica com’è l’attuale. Ma questo territorio può fare argine ai fenomeni di riciclaggio, non è militarizzato dalla criminalità organizzata. Qui ci sono gli anticorpi per fare argine». Quali sono i settori a rischio maggiore? «Le mafie sono come il coronavirus, contaminano dove possono. Qui non ci sono estorsioni ai commercianti, ma tentativi di infiltrazione più subdoli come l’offerta camuffata di liquidità o quella di rilevare parte delle quote societarie per dare alle imprese una boccata di ossigeno per poi stringele in una morsa mortale. Le indagini lo dimostrano. Ed è questo insinuarsi della criminalità nell’economia legale quello più difficile da scovare». Quali sono gli anticorpi che possono fare da argine? «La consapevolezza e l’attenzione alta da parte delle imprese che non devono sottovalutare il rischio di infiltrazioni. Ma anche verifiche antimafia che vanno rafforzate al di là dei parametri di legge. In alcuni casi sotto queste soglie, vedi i subappalti, i tentativi di infiltrazione potrebbero avere vita facile». In sintesi chiedete una maggiore collaborazione da parte delle imprese? «Sì perché bisogna andare oltre i formalismi e un approccio puramente burocratico. Le imprese possono rispondere con più celerità alle nostre sollecitazioni e da parte nostra possiamo, insieme a Camera di commercio e Comuni, compiere monitoraggi più chirugici, basati su indicatori di anomalie. Bisogna evitare di raccogliere una massa di dati inutili».