"Ecco la pillola anti-Covid. Ma da sola non basta"

'Somministrata ai primi tre pazienti, ma non è un’alternativa al vaccino. Ricoverati a Pisa tanti giovani no-vax che ora lottano fra la vita e la morte'

La pillola Merck

La pillola Merck

Pisa, 8 gennaio 2022 - Sono iniziati ieri i primi trattamenti con la pillola anti Covid, il Molnupiravir, eseguito dall’ambulatorio monoclonali sotto la guida dell’infettivologo dell’Aoup, Marco Falcone.

Tre i pazienti che l’hanno ricevuta, ma già oggi saranno di più. «Questo farmaco - spiega il medico, che è anche professore associato all’università di Pisa - è un’arma in più non solo per curare la malattia, ma anche per contrastare la diffusione del virus. E tra la fine del mese e l’inizio di febbraio avremo a disposizione un altro antivirale, il Paxlovid prodotto da Pfizer, che, insieme al Molnuopiravir, ha dimostrato nei trial la loro efficacia nell’impedire che la malattia progredisca alla forma grave». 

E’ però indispensabile, osserva Falcone, «che questa terapia precoce inizi nei primi 3-5 giorni dalla comparsa di sintomi (febbre, mal di gola, cefalea) e comunque preferibilmente entro i 5-7 giorni successivi alla positività del tampone».

L’identikit dei pazienti da sottoporre a questa cura è sostanzialmente quello di coloro che soffrono già di patologie pregresse e che manifestano i fattori di rischio per la malattia grave: cardiopatici, malati oncologici, pazienti con patologie polmonari, immunodepressi in generale, pazienti diabetici con insufficienza renale. «Una volta riscontrata la positività – spiega Falcone – bisogna rivolgersi al medico di famiglia che sulla base del quadro clinico del suo assistito deciderà se approvare questa terapia che viene somministrata in ospedale nel cosiddetto ambulatorio monoclonali». 

Ma il messaggio principale è uno solo e Falcone ci tiene a ribadirlo: «Il Covid è un nemico che non deve essere sottovalutato, per questo anche le terapie precoci sono determinanti per contrastarlo. Tuttavia, non si pensi che la variante Omicron sia meno pericolosa della Delta e di tutte le altre: sappiamo che sui soggetti vaccinati ha un impatto meno aggressivo, ma sui non vaccinati può determinare le stesse forme gravi della malattia fino alla morte». Ce lo dicono i risultati degli studi condotti finora con gli antivirali (Remdevisir, Molnupiravir e Paxlovid): oggi ci sono armi in più per combattere il Covid, ma non sono risolutive da sole. Il vaccino resta la protezione più efficace.

«Le nuove terapie anti covid - conclude il medico - non sono alternative ma complementari al vaccino sebbene esista in alcuni il convincimento che siano sufficienti queste terapie per sconfiggere il Covid, ma non è così. Ciò vale per i pazienti anziani e fragili ma anche per quelli più giovani. All’ospedale di Pisa abbiamo infatti ricoverati in terapia intensiva molti pazienti no vax, anche giovani, che hanno ritardato di molto l’accesso alle cure ospedaliere e che ora lottano tra la vita e la morte».