Padre Bernardo: "La pandemia non ci ha sconfitto. Un domani migliore è possibile"

La riflessione dell'abate di San Miniato al Monte: "Viviamo insieme una Pasqua intensa"

Dom Bernardo Gianni al portone di San MIniato a Monte

Dom Bernardo Gianni al portone di San MIniato a Monte

Firenze, 4 aprile 2021 - Padre Bernardo, è la seconda Pasqua blindata che viviamo. Che cosa ci ha insegnato questo anno di pandemia? "Mi rifaccio alle parole di Papa Francesco del 27 marzo scorso, in piazza San Pietro. Il primo grande insegnamento è che nessuno si salva da solo. Il secondo è che abbiamo scoperto come tante nostre certezze di presunta immortalità, foderata di tecnologie, raffinati sistemi con cui ci ritenevamo invincibili, si sono sgretolate". Quindi? "Quindi l’insegnamento che ci arriva può essere l’umiltà di riscoprirci segnati da un destino comune, una missione comune, una fraternità che al di là delle tante differenze riunisce e deve riunire l’intera famiglia umana: per la prima volta, dopo la seconda guerra mondiale, è stata tutta coinvolta in una vicenda terribile. Riflettere su ciò è importante". Le persone più fragili sono quelle che hanno pagato il prezzo più alto, gli anziani, i disabili, i poveri... quale messaggio può offrire loro in questo giorno di Pasqua? "Paradossalmente vorrei donare loro l’augurio di un grande poeta e scrittore americano, Dylan Thomas, il quale diceva che la vita offre sempre una seconda chance che si chiama domani. E’ un bisogno di rinascita che sento di poter consegnare da una parte ai giovanissimi per i quali parlare di domani è un dovere e dall’altra agli anziani, per i quali parlare di domani può sembrare un paradosso ma non è così: sono stati sottratti loro troppi mesi di vita normale, dobbiamo tutti insieme impegnarci per un domani migliore". La pandemia ha amplificato le disuguaglianze nella nostra società: può essere l’occasione per costruire un diverso modello di sviluppo, più equo? "La speranza è assolutamente questa, lo si vede adesso anche per la vicenda dei vaccini. C’è la possibilità di una distribuzione che tenga più presente un dato essenziale che la riscoperta della fraternità ci insegna, cioè che non esistono persone di seria A e di serie B ma tutti siamo accomunati dall’essere vivi e da ciò scaturisce la consapevolezza che laddove c’è vita c’è un mistero da custodire, una grazia da accogliere e c’è una responsabilità da esercitare, soprattutto dove si sperimenta la debolezza della vita stessa. Ci siamo resi conto che la vita è qualcosa di delicato, fragile e vorremmo tanto che si riscoprisse nella vita fragile dei poveri, degli ultimi, uno speciale spazio in cui le nostre risorse economiche e culturali devono estendersi, per riqualificare intere fette di famiglia umana". Come escono il mondo della scienza e la scienza da questo anno di virus? "Certamente, da un lato questa pandemia ci dice come abbiamo bisogno di uomini e donne di scienza che ci aiutino a trovare i vaccini, a spiegarci come funziona la malattia". Sono morti medici e infermieri in prima linea... "Dobbiamo essere profondamente grati a tutti coloro che negli ospedali hanno salvato vite vivendo una moderna forma di martirio, quale è stata l’esposizione al Covid pur di salvare altre vite umane. E’ quindi fuori discussione che abbiamo bisogno di rigore, metodo, ricerca e onestà scientifica e della scienza...". Tuttavia? "Detto ciò ci piace anche ribadire come il nostro cuore abbia una eccedenza indisponibile alle tecnologie, un’eccedenza che ci racconta un mistero che per sua natura non si lascia agguantare, strumentalizzare, mortificare da nessun tipo di presunzione ipertecnologizzante del potere scientifico".