L’estate impazzita fa tremare il Chianti. Si spera nella pioggia ma agosto è un rebus

Renzo Cotarella, numero 1 delle tenute dei Marchesi Antinori: "Le vigne soffrono più il caldo della siccità, ma un uragano o una tempesta di vento ridurrebbe di molto qualità e quantità"

Clima impazzito

Clima impazzito

Firenze, 30 luglio 2022 - Con lo sguardo rivolto al cielo, con il cellulare fisso sulle previsioni meteo. L’estate impazzita mette in apprensione i produttori del vino docg. Se. E’ legato al più imprevedibile dei monosillabi, il 2022 del Vigneto Toscana. Se piove in agosto, perché per vendemmiare i grandi rossi del nostro territorio in fondo c’è tempo, il Sangiovese del Chianti Classico (e del Chianti "grande" in genere), del Brunello e del Nobile, ma anche altre uve più internazionali sono in fondo varietà tardive – tranne il Merlot, certo – e insomma il tempo non mancherebbe.

Se piove ma senza uragani, tempeste di vento, grandinate, perché il buono che hanno fatto le viti finora non venga spazzato via in un soffio. Malgrado le apparenze e le tante voci di cassandre che si levano ogni giorno, non c’è catastrofe nelle previsioni di Renzo Cotarella, numero uno delle vigne dei Marchesi Antinori: uno, cioè, che la Toscana dell’uva e del vino la legge praticamente a 360 gradi: Chianti Classico e Montalcino, Montepulciano-Cortona e Bolgheri, e poi la Maremma e le colline di Fiesole. "Naturalmente – spiega – ad oggi la situazione appare critica, le temperature sono alte e le viti in fondo soffrono più il caldo che la siccità: le temperature sono importanti perché la pianta, come l’uomo si stanca, e invece deve respirare, deve lavorare bene".

Quindi, deve piovere. Perché l’inizio della vegetazione, dice Cotarella, era stato buono, ad oggi le viti e le uve sono sanissime, "però adesso – continua – gli acini sono più piccoli, magari uva ce n’è tanta ma il peso è minore, e se continua così avremo meno vini, e con altissime concentrazioni: una sofferenza che può essere cancellata da qualche bella pioggia, con grande refrigerio e un bel po’ di umidità al terreno per dare nuovo vigore alle piante". Perché a ben guardare, nota il supertecnico, se si sfila lungo i vigneti del Chianti Classico, non si vedono foglie secche. Questo significa che "per chi gestisce bene il terreno anche una stagione del genere alla fine non è mortale". Però. E qui parte la riflessine dell’esperto, in parte di rimpianto e in parte di monito. Per chi coltiva, e per chi amministra il territorio. "Mi viene di pensare – dice Cotarella – alla grande sensibilità dei nostri nonni, quando si lavorava in maniera più semplice: allora non si facevano vigneti così fitti, con le piante in competizione forte tra loro". E quindi sarebbe l’ora "di riattrezzarsi – continua – sul piano agronomico, con una migliore gestione del suolo per trattare e trattenere l’acqua". E quindi "scelte diverse per pensare all’irrigazione non come una forzatura, e per rifare piuttosto i vigneti che sono ancora concepiti per il clima più freddo degli anni Ottanta-Novanta, e ridare alle piante più spazio per le radici".

Ma ce n’è anche per gli enti pubblici: "Ci vuole – sostiene Cotarella – un piano dell’acqua, per ricostruire i laghetti, però senza complicazioni di procedure e costi per gli agricoltori, puntando sempre a produzioni di qualità". E le singole zone del patchwork vinicolo? "Chianti Classico e Montalcino – spiega Cotarella soffrono la siccità ma hanno ancora due mesi di tempo per maturare. Montepulciano e Cortona funzionano per le caratteristiche del terreno, Bolgheri tra tutte è la zona meno a rischio perché un po’ d’acqua c’è". E il Vermentino, il vino del boom di questi anni? "Si adatta bene nai climi caldi, i problemi per ora non sono enormi, si va ai primi di settembre, e l’ideale sarebbe un po’ di pioggia tra il 10 e il 20 agosto". Di "situazione che ancora regge" si parla in un altro territorio di gran successo del Vigneto Toscana, il Chianti Rufina, detto anche "il Chianti più alto" per latitudine e altitudine dei vigneti, e ora in grande spolvero per il recente lancio della nuova tipologia, la super-riserva Terraelectae. "L’uva è abbondante anche se i grappoli sono piccoli e tuttavia sanissimi, e non abbiamo avuto gelate né malattie", spiega il presidente del consorzio, Cesare Coda Nunziante che aggiunge: "La vegetazione è rallentata, ma stanno meglio i vigneti più alti e le piante più vecchie, che possono pescare risorse più profonde". Insomma, "si può recuperare una bellissima vendemmia – è il suo augurio – se arriverà una bella pioggia, che non sia troppo pesante perché potrebbe rischiare di spaccare il grappolo. E sarebbero guai seri".