I nostri piedi affondano in una terra di veleni. Keu-choc: 26 volte più del lecito

Depositate le consulenze dell’inchiesta sui fanghi tossici. A Pisa cromo a 2.863 contro 50, solfati a 1.655 quando il limite è a 250

Inchiesta Keu

Inchiesta Keu

Firenze, 29 settembre 2021 - Le analisi confermano i sospetti: ci sono state contaminazioni in ognuno dei siti dove è finito il keu, la cenere dei fanghi delle concerie di Santa Croce smaltita dall’impianto di Pontedera di Francesco Lerose, l’imprenditore in odore di ndrangheta, uno dei bersagli della maxi inchiesta della Dda di Firenze che ha fatto tremare la politica regionale.

Sono valori talvolta spaventosi, come quelli rivelati dai test di cessione dei campioni prelevati all’ex area Vacis di Pisa, uno degli ultimi risultati giunti sul tavolo della procura: cromo a 2.683, dove invece non avrebbe dovuto superare 50 e solfati a 1.655, ben oltre il limite di 250. Numeri che solo un esperto come il geologo nominato consulente dell’accusa, Giovanni Balestri, sa maneggiare, ma che non fanno restare indifferenti neanche i profani. Tanto è vero che il pm Giulio Monferini ha disposto la trasmissione delle consulenze sin qui depositate agli enti e ai Comuni interessati. Perché se gli atti hanno cristallizzato, a fini processuali, la presenza del materiale di scarto delle lavorazioni di conceria in terreni interessati da opere di urbanizzazione private o pubbliche (come l’impianto di Acque Spa a Crespina Lorenzana, o l’ormai tristemente famosa Strada Regionale 429 nell’Empolese), adesso il prossimo step dovrà essere quello della bonifica dei veleni. Cosa accaduta sinora soltanto nell’area dell’Aeroporto militare di Pisa, dove è già stata abbattuta l’opera la cui costruzione aveva visto l’utilizzo di un materiale di riempimento per un sottofondo, rivelatosi intriso di keu.

Già, perché i fondati sospetti dei carabinieri forestali, figli di un’indagine durata mesi fatta di intercettazioni e appostamenti, sono diventati realtà man mano che arrivavano le conclusioni delle varie consulenze nei nove siti dove sarebbe finito il rifiuto.

Il fulcro sono i due impianti di Lerose, uno a Pontedera e l’altro a Bucine. Qui, sarebbe avvenuto lo smaltimento irregolare delle ceneri dei fanghi. Anzichè venire utilizzati, come è consentito, per la realizzazione di conglomerati cementizi (che bloccano il rilascio degli agenti inquinanti), il keu sarebbe stato semplicemente miscelato con altro materiale di risulta, e venduto, a prezzi irrisori, talvolta addirittura regalato pur di levarselo dalle ’baie’ dei due stabilimenti, a imprese dell’edilizia che necessitavano di una materia per riempire sottofondi o colmare terrapieni.

Così  il keu è stato rinvenuto in quantità di 26 volte superiori al consentito al cavalcaferrovia di Brusciana e nelle opere di urbanizzazioni dell’ex area Vacis di Pisa, dove adesso sorge il ’’Bricoman’’. Nel maneggio dell’azienda agricola I Lecci di Peccioli, o nel cantiere di Acque Spa, a Crespina Lorenzana, dove si stava facendo un acquedotto. O a Montramito di Massarosa: qui i risultati sono più complessi da leggere per la presenza della ’’torba’’ e il polverone con il keu sarebbe stato utilizzato per stabilizzare un terreno paludoso.

Ma la necessità di smaltire veleno, forse, non appartiene soltanto all’industria conciaria. Nell’area Tozzi a Bucine, dove si stavano realizzando delle villette (adesso i lavori si sono bloccati), oltre al cromo, ’sintomo’ del keu, è presente anche l’arsenico, che fa pensare agli scarti delle lavorazioni dell’oro dell’aretino.