"Il Papa doveva morire". Nel libro di Preziosi l'attentato a Giovanni Paolo II

Il giornalista ripercorre uno degli episodi che hanno segnato la storia d'Italia

Giovanni Paolo II con il suo attentatore, Ali Agca

Giovanni Paolo II con il suo attentatore, Ali Agca

Firenze, 28 aprile 2021 - Partiamo da una domanda. Perché? Perché, quarant'anni dopo, ripescare dalla memoria collettiva quell'evento e ripercorrerlo in un libro. Il testo in questione è "Il Papa doveva morire. La storia dell'attentato a Giovanni Paolo II", scritto dal giornalista Antonio Preziosi e pubblicato da San Paolo Edizioni.

I fatti, per chi c'era, ma anche per chi li ha sempre visti solo in televisione, sono noti: alle 17.17 di mercoledì 13 maggio 1981 Giovanni Paolo II attraversa piazza San Pietro a bordo di un’automobile aperta prima della tradizionale udienza generale. Improvvisamente, tra le acclamazioni di migliaia di persone, si sentono risuonare alcuni colpi di pistola: due, tre.

Il Papa, colpito, si accascia. Il libro ripercorre le fasi concitate dei soccorsi, la corsa in ospedale, che sembra quasi un film: Karol Wojtyla viene caricato su un’ambulanza senza sirena (rotta), che sfreccia verso il Policlinico Gemelli senza scorta, perché questa aveva sbagliato ingresso in Piazza. Proprio lì dove un incredulo attentatore, Ali Ağca, veniva prima fermato da una suora e poi arrestato, sconvolto per aver fallito inspiegabilmente la sua missione: “Ho sparato da quattro metri, non potevo sbagliare”.

Quello di Preziosi è un racconto minuzioso e attento degli eventi di quel giorno e di ciò che accadde dopo, del vissuto e dei pensieri di Giovanni Paolo II, che trasferisce sulle pagine con uno stile giornalistico anche quando, inevitabilmente, entra in gioco il misticismo. Da quel momento in poi, infatti, il Pontefice sosterrà la tesi del miracolo grazie all’intercessione di Maria, che avrebbe materialmente deviato il proiettile.

Non è una fredda cronaca dei fatti ma piuttosto un’analisi dettagliata, come un film - a dirlo lo stesso autore -, che vuole riportare alla luce i dati ancora controversi e trovare il bandolo della matassa di una vicenda drammatica che ancora oggi rivela aspetti contraddittori o poco noti. Tra le questioni ancora aperte l’improbabile errore del killer, la traiettoria a zig zag - come la definì lo stesso chirurgo che operò il Papa - del proiettile, il mistero della seconda suora che avrebbe trattenuto il braccio del terrorista turco ma non si è mai scoperto chi fosse.

Preziosi prova insomma a sciogliere quel ‘garbuglio’ (Wojtyla stesso lo definì così) che si cela dietro l’attentato. E lo fa servendosi delle testimonianze di chi, allora, fu suo malgrado coinvolto nell’attentato: suor Letizia Giudici che bloccò il terrorista, il cardinale Stanislao Dziwisz, già segretario personale del Papa, e molti altri.

La fede e il misticismo permeano le pagine senza però trascendere quel limite implicito che permette anche ai non credenti di poter apprezzare il testo.

La prefazione, affidata al presidente del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione, monsignor Rino Fisichella, sottolinea un particolare aspetto del volume: “Questo libro ha il merito di porre l’attentato come una chiave di lettura dell’intero pontificato, per evidenziare quanto Giovanni Paolo II abbia visto in quel fatto una ‘rinascita spirituale’”.

Allora ecco che, alla fine del libro, c'è la risposta che cerchiamo: quella al perché. Sicuramente celebrare la ricorrenza dell’evento. Ma poi, e forse ancora di più, perché quello è un fatto di cui “le persone della mia età ma anche i miei genitori, hanno una memoria molto forte” spiega Preziosi. È stato un fatto segnante, uno di quelli che non solo, per noi giornalisti, sono degni di finire in cronaca, ma piuttosto uno dei pochissimi fatti che diventano Storia. L’attentato a Papa Giovanni Paolo II rimane scolpito nella memoria collettiva di chi l’ha vissuto, ma era giusto ripercorrerlo con questo libro per far sì che, anche per le generazioni future, possano comprenderne il significato storico. Nel 1981, in un Paese come l’Italia, molto cattolico e ancora molto conservatore, cosa ha significato l’attentato al Capo della Chiesa nel suo cuore pulsante, in piazza San Pietro? Forse a questa domanda non daremo mai risposta, ma una cosa è certa. Quel giorno il Papa doveva morire.