Il padre di Martina: Mia figlia morta perché fuggiva. Spero nella condanna degli imputati

In primo grado il tribunale di Arezzo aveva condannato i due imputati, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, a sei anni di reclusione

Bruno Rossi

Bruno Rossi

Arezzo, 7 aprile 2021 - «Spero che questo nuovo appello confermi la condanna di primo grado, quella arrivata prima che in appello venisse cancellato tutto». Lo ha detto Bruno Rossi, padre di Martina Rossi, arrivato al palazzo di giustizia di Firenze insieme alla moglie per assistere al processo di appello bis per la morte della figlia, deceduta a 20 anni dopo essere precipitata da un balcone a Palma di Maiorca (Spagna) il 3 agosto del 2011. «Martina - ha aggiunto - non è caduta dal balcone per sua volontà, ma perché cercavano di farle fare qualcosa che non voleva fare. Spero in una condanna anche se ormai chi ruba una mela al supermercato ha una pena maggiore di chi ammazza una persona». In primo grado il tribunale di Arezzo aveva condannato i due imputati, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, a sei anni di reclusione ritenendo che Martina fosse precipitata dal balcone della camera dove alloggiavano i due ragazzi - nello stesso hotel della studentessa genovese - per fuggire a un tentativo di stupro. In appello invece, lo scorso 9 giugno, Albertoni e Vanneschi sono stati assolti dall'accusa di tentata violenza sessuale con la formula «perché il fatto non sussiste» mentre è stato dichiarato prescritto il capo di imputazione di morte come conseguenza di altro reato. Lo scorso gennaio la Cassazione, accogliendo il ricorso presentato dalla procura generale di Firenze, ha annullato la sentenza disponendo un nuovo appello. All'appello bis che si apre questa mattina a Firenze sono presenti anche i due imputati.