Tutti pazzi per 'Dio è in pausa pranzo', dal 6 maggio il film torna al cinema

Il regista: "Rispolveriamo quella che un tempo era la ‘seconda visione’ "

Michele Coppini in una scena del film 'Dio è in pausa pranzo'

Michele Coppini in una scena del film 'Dio è in pausa pranzo'

Firenze, 4 maggio 2022 – Il successo di un film lo decreta, come sempre, l’apprezzamento del pubblico. Il segreto del successo sta nella capacità di toccare le corde più intime, coinvolgere, emozionare gli spettatori. ‘Dio è in pausa pranzo’ di Michele Coppini è riuscito perfettamente in tutto questo, al punto che il pubblico ha sommerso di richieste il regista e la produzione, spingendoli a riportare la pellicola in sala.

Dio è in pausa pranzo’ è un film unico nel suo genere, originale per diversi motivi. A cominciare dal fatto che regala un arcobaleno di emozioni, risultando spassoso e commovente allo stesso tempo. Il questa commedia moderna e attuale sul tema del Covid, il regista Coppini non solo ha inventato il genere ‘drammenziale’. Non solo è stato capace di unire tre generi diversi, la comicità demenziale a quella drammatica, passando per certe sfumature e situazioni horror che naturalmente ha trattato in modo parodistico. Ma nell’epoca in cui i cinema sono in sofferenza e i film fanno fatica a portare gente in sala, il suo film inverte questa tendenza e a grandissima richiesta ritorna al cinema, e riporta anche in auge il vecchio stile di distribuzione della ‘seconda visione’.

E così, dopo il grande successo della prima uscita, ‘Dio è in pausa pranzo’ torna nuovamente in sala: il 6 maggio al cinema Castello di Firenze, alle ore 21,30. L’11 maggio al cinema Buondelmonti di Impruneta alle ore 21,30 e il 20 maggio al cinema Centrale di Santa Margherita Ligure, in provincia di Genova, alle 21.

Nel cast, oltre al protagonista Michele Coppini, ci sono Sergio Forconi, Francesca Cellini, la Miss Italia 2016 Rachele Risaliti, Alessio Venturini, Francesco Ciampi, Aldo Pellegrini, Stefano Martinelli, Ettore Bianchi, Patrizia Ferretti, con la partecipazione straordinaria di Athina Cenci. Le musiche originali sono di Pino Scarpettini e la colonna sonora è stata realizzata dai due promettenti rapper pratesi, Blebla e Jamax.

Il protagonista è Ubaldo Lumaconi, un quarantenne che, per paura di essere infettato dagli anziani genitori, decide di rinchiudersi in una piccola stanza della loro abitazione, cercando di evitare il più possibile ogni contatto con loro e col mondo esterno. Durante questa specie di quarantena forzata, elabora nella sua mente una teoria bizzarra, che alimenterà sempre di più, informandosi continuamente sul web. Una teoria che vedrà tra i protagonisti anche gli zombi.

 

Michele Coppini, cosa vi ha spinto a riportare il film nuovamente in sala?

“Il film, essendo una produzione indipendente, è stato solo cinque giorni al cinema, distribuito da Giglio Film. Quando è iniziato il passaparola, e gli spettatori hanno consigliato ai propri amici di andarlo a vedere, in molti hanno spulciato su internet nelle programmazioni delle varie sale, ma non l’hanno più trovato. E allora in molti hanno usato i social di Officine Papavero, che è la nostra casa di produzione, per avere informazioni su dove poterlo andare a vedere. Tanti hanno scritto anche a me direttamente, perchè non riuscivano a trovarlo. Abbiamo ricevuto tanti di quei messaggi ogni giorno, che con la produzione abbiamo deciso di rifare una nuova uscita, proprio per permettere agli interessati di andarlo a vedere sul grande schermo. La pellicola non uscirà più un tot di giorni di fila, ma sarà a tutti gli effetti una ‘seconda visione’. Una volta infatti c’era la prima visione seguita dalla seconda visione nelle piccole sale. Con ‘Dio è in pausa pranzo’ tiriamo fuori questo vecchio stile di distribuzione in una sorta di tour che sarà anche nazionale, toccherà la provincia di Roma”.

 

Il commento più bello che ha ricevuto?

“Il più bello, e anche il più ricevuto, è il fatto che moltissimi hanno detto di essersi rivisti in questa storia, anche se grottesca, dove hanno riso tantissimo e si sono anche commossi. Ed era proprio quello che sognavo”.

 

In cosa il film risulta talmente innovativo da essere considerato un’opera prima di un nuovo genere?

“In questa commedia ho inventato il genere ‘drammenziale’, nato dalla fusione della comicità demenziale, che deve far ridere spontaneamente, con un tipo di ‘dramma’ che non stoni con la comicità. Operazione riuscita perché molte persone, oltre a ridere tanto, si sono anche commosse. C’è un punto della storia in cui il film diventa per un attimo a tutti gli effetti drammatico, serio nel vero senso della parola. Dunque, che il pubblico abbia apprezzato la comicità spudorata e il dramma, che li abbia riconosciuti e questi abbiano provocato in loro due sentimenti, il divertimento e la commozione, è proprio quello che cercavo”.

 

Quando è nata l’idea del connubio, non scontato ma riuscitissimo, di tre generi diversi: commedia, dramma e horror?

“È nata perché io sono un comico che ama anche tanto il cinema horror, tuttavia di questo genere preferisco essere spettatore. Però ho approfittato di questo film, in cui affronto il tema della pandemia, per provare a tirar fuori il George Romero che è in me, facendogli fare amicizia con il Coppini che solitamente tende a far ridere. I due si sono trovati talmente bene che è venuta fuori questa parodia del genere, in cui emerge una critica più che alla società, a certe persone, o sarebbe meglio dire a certi personaggi, che si sono ‘allargati’ volendo sostituire medici, scienziati, virologi e quant’altro, finendo per influenzare le dinamiche per la risoluzione della pandemia e il rispetto delle regole. Sottolineo: questo film non vuol essere uno spot a vaccinazioni, prescrizioni e decisioni ministeriali, ma parte dal fatto che, in un momento di emergenza mondiale per un virus, bisogna dare ascolto innanzitutto a chi ha studiato questo tipo di cose ed è competente in materia. Nel film dunque non si ride della pandemia che ci ha colpito, ma della follia di certa gente, e dei comportamenti assurdi intrapresi da complottisti e no-vax”.

 

Quali sono i registi e i film della sua vita che l’hanno più emozionata?

“Per la commedia tutta la filmografia di Verdone, Monicelli, Woody Allen. Per l’horror certamente George Romero di cui sono un grandissimo fan, lo dimostra il fatto che qualche zombie l’ho messo anche in questo film. Quanto a me, vengo spesso catalogato come appartenente alla scuola o comunque alla categoria del cinema toscano: in realtà il mio cinema va oltre i confini regionali, è di respiro nazionale. E a chi, nel bene e nel male, mi definisce il ‘nuovo Pieraccioni’, che pure insieme a Nuti seguivo da piccino e mi hanno ispirato, rispondo: chissà, se magari avessi io i soldi delle grandi produzioni, forse Pieraccioni si ispirerebbe a me…”.

 

Come può a un comico piacere l’horror? Non sono due generi agli antipodi?

“È come in amore, dove gli opposti si attraggono. Anche se non avessi avuto una predisposizione da spettatore a questo tipo di cinema, mi sarebbe venuta per forza, dal momento che mia moglie è una appassionata del genere e mi ha ‘contagiato’, rafforzando questa mia passione. Cosa trovo di bello nel cinema horror? Il fatto che mi fa evadere completamente dalla realtà, e più che ‘sognare’ mi fa vivere un vero incubo. Al cinema, del resto, si va sempre per provare emozioni, e la paura è una di queste. Ma io sono e resto un comico, dunque non mi ha mai interessato fare un film dell’orrore. Però ‘Dio è in pausa pranzo’ mi ha permesso di realizzare un mio sogno e di prendere un po’ in giro questo genere. E il prossimo film sarà una nuova parodia sempre del genere horror”.

 

Può anticiparci qualcosa del prossimo film?

“Verterà su una famosa ‘(La) Casa’ ai tempi della crisi e del precariato. Però, per adesso, non posso ancora svelare altro…anzi una cosa sì, che ovviamente sarà ‘drammenziale’ anche questo!”.

 

Dal cinema alla realtà: le tre parole che salverebbe e le tre che cancellerebbe per sempre da ogni dizionario?

“Salverei innanzitutto la parola ‘donna’, perché per noi uomini sono tutto, sono la nostra vita. Salvo poi la parola ‘speranza’ che è il motore della felicità, e ‘sogno’. Tre parole legate l’una all’altra perché molto spesso le donne sono la speranza e per noi rappresentano un sogno. Cancellerei invece per sempre la parola ‘complottisti’, la parola ‘guerra’ e la parola ‘streaming’, così la gente tornerebbe tutta quanta al cinema”.    

 

Maurizio Costanzo