Fausta Bonino: "Nessuno mi renderà 6 anni di dolore. Ora cerco solo un po’ di normalità"

Dopo l’assoluzione in appello, l’ex infermiera Fausta Bonino prova a immaginare il suo futuro

Fausta Bonino

Fausta Bonino

Piombino (Livorno), 26 gennaio 2022 -  «Tornare al lavoro in ospedale? E’ un problema che in questo momento non mi pongo, vorrei solo ritrovare la mia vita normale". Fausta Bonino non ha intenzione di tornare a fare l’infermiera all’ospedale Villamarina di Piombino, per riprendere un percorso professionale bruscamente interrotto nella primavera 2016 con l’arresto e l’accusa, pesantissima, di aver provocato la morte di almeno dieci pazienti con un’overdose di eparina, un farmaco anticoaugulante.

Il giorno dopo l’assoluzione pronunciata dalla Corte d’assise d’appello di Firenze, un’assoluzione piena "perchè non ha commesso il fatto", cerca soltanto di recuperare serenità e scrollarsi di dosso sei anni di sofferenza. "Inizialmente non avevo afferrato bene il senso delle parole del dispositivo – racconta – tanta era la tensione. Poi l’avvocato mi ha rassicurata". E in questi sei anni Fausta Bonino confessa che sarebbe stato difficile andare avanti senza il sostegno della famiglia. "Mio figlio, che è anche medico, ha sempre creduto nella mia innocenza così come mio marito e i miei parenti. Chi mi conosceva non poteva credere alle accuse".  

«Sono stati anni difficili – aggiunge il marito Renato Di Biagio, ex dirigente della Magona ora in pensione – ci siamo ritrovati al centro di una vicenda pazzesca. Fausta ha sempre svolto il suo lavoro con passione e impegno e all’improvviso è diventata l’infermiera killer. Noi sapevamo che non era vero, non c’erano prove, ma il meccanismo che si era messo in moto è stato infernale. Specialmente quando è arrivata la sentenza di primo grado, con la condanna all’ergastolo".

Nel frattempo però non si è fermato il lavoro della difesa: dopo l’incarico conferito all’avvocato Cesarina Barghini, la famiglia si è affidata all’avvocato Vinicio Nardo del foro di Milano che ha ripercorso tutta la vicenda avvalendosi di nuove perizie tecniche e citando nuovi testimoni, i quali hanno chiarito come l’accesso al reparto era libero e quindi in occasione dei decessi non c’era una "costante Bonino" ma anche altre persone avrebbero potuto inoculare l’eparina nei pazienti ricoverati. "E’ stato grazie al senso civico dei colleghi – spiega Fausta Bonino insieme al marito – che la verità alla fine è emersa in modo chiaro. Le testimonianze hanno messo in evidenza che la tesi dell’accusa non era sostenibile, come avevamo sempre detto dall’inizio".  

E ora quali sono i programmi? "Niente di speciale – spiegano Fausta e Renato– vogliamo solo riprenderci la nostra vita, anche semplicemente fare una passeggiata senza quel pensiero fisso, vogliamo un po’ di serenità. Purtroppo questi sei anni di sofferenza non possono essere annullati. Ma cercheremo di dimenticare".  

E Fausta Bonino teme un ricorso della Procura fino alla Cassazione? "Non abbiamo competenze specifiche, è una questione che valuterà il nostro avvocato. Siamo però fiduciosi nella giustizia e nel fatto di aver dimostrato di non avere niente a che fare con l’accusa".

Se non ci sarà il ricorso alla Suprema corte la vicenda potrà dirsi chiusa, ma è chiaro che si aprirà il capitolo di un aventuale risarcimento e la questione del licenziamento operato dall’Asl. Se Fausta Bonino avesse potuto lavorare in questi anni avrebbe già maturato il diritto alla pensione. Questi problemi saranno esaminati in un secondo momento, non prima di aver letto le motivazioni della sentenza. Restano irrisolti gli interrogativi sulle morti sospette in ospedale. Però prima di Fausta Bonino, nel dicembre scorso, era stato assolto dall’accusa di omicidio colposo (per omessa sorveglianza) anche il primario del reparto, Michele Casalis.