Il 24 luglio 1908, il giorno dell’impresa di Dorando Pietri: che perse vincendo

Corse fino allo sfinimento, cadde cinque volte, tagliò il traguardo e poi svenne. Ma quando la medaglia d’oro gli fu tolta, il mondo si commosse e la regina Alessandra gli donò una coppa

Il taglio del traguardo alle Olimpiadi di Dorando Pietri

Il taglio del traguardo alle Olimpiadi di Dorando Pietri

Firenze, 24 luglio 2022 - Quel che accadde il 24 luglio del 1908, ai giochi olimpici di Londra, ha commosso il mondo. Tutto grazie a un italiano, il maratoneta Dorando Pietri, nella cui storia, quel fatidico giorno di quell’epica impresa, si sono sommate crudeltà, sfortuna e fatica.

Siamo all’inizio del Novecento. Erano i tempi in cui i miti erano altri, le famiglie non facevano ancora il tifo per le squadre di calcio, bensì per i ciclisti e gli sportivi di atletica leggera. In quell’Italia contadina, nato in una frazione di Correggio, a Mandrio, Dorando iniziò a correre allenato dal fratello Ulpiano. Il suo talento era sospinto da una grande forza di volontà e di riscatto, e anche per questo diventerà simbolo dei tanti italiani di umili origini, che hanno contribuito a far grande il nostro Paese con la fatica, il coraggio e il sudore della fronte.

Si narra che Pietri era tra il pubblico quando, nel 1904, a Carpi, gareggiò Pericle Pagliani, il più forte podista dell’epoca. E si racconta che, con gli abiti da lavoro ancora addosso, si sia messo a correre dietro a lui, tenendogli il passo. Poi arrivarono le gare, le vittorie, fino all’approdo a Londra, al sogno dei sogni: le Olimpiadi. È qui che Pietri si rivelò essere il più forte di tutti. Dove gli altri non avevano più fiato né forze, lui resisteva. Dove gli altri si arrendevano, lui insisteva. Cadde per ben cinque volte, ritrovando sempre la forza di rialzarsi. Corse fino allo sfinimento, a tal punto che, per l’immensa fatica, la mente a un certo punto gli si annebbiò, e si confuse rischiando persino di sbagliare strada. Dopo aver tagliato il traguardo barcollando, col volto trasfigurato dalla fatica e dalla soddisfazione di avercela fatta, sorretto da un giudice e un medico, svenne e fu portato via in barella.

A quel punto la squadra dell’americano Johnny Hayes, arrivato secondo, fece ricorso: il corridore italiano era stato sorretto, dunque aiutato, e pertanto l’ordine di arrivo andava rivisto. Fu così che Dorando Pietri venne squalificato. Immediatamente però, quella grandiosa impresa fece il giro del mondo. Tra i giornalisti, come inviato del Daily Mail, c’era anche Sir Arthur Conan Doyle, l’inventore di Sherlock Holmes, che scrisse: “Qualsiasi decisione verrà presa dai giudici, la grande impresa dell’italiano non potrà mai essere cancellata dagli archivi dello sport”. E così è stato. Lo stesso Doyle suggerì una raccolta fondi, cui egli stesso contribuì, per sostenere l’attività di Pietri in Italia, una panetteria.

Pietri divenne una celebrità, e quella leggendaria maratona ne decretò il mito, in Italia come all’estero. La stessa regina Alessandra, come una sorta di ricompensa per la vittoria e la medaglia d’oro negata, donò al corridore una coppa. La rivincita avvenne il 25 novembre 1908,  a New York, in un Madison Square Garden gremito: Pietri e Hayes corsero testa a testa per i 262 giri, ma negli ultimi cinquecento metri l’italiano staccò lo sfidante, mandando in visibilio i tantissimi italo americani che erano tra i 20mila spettatori, moltissimi anche all’esterno. Un’altra ‘rivincita’ si tenne il 15 marzo 1909, ma ancora una volta fu Pietri a vincere. Ad Hayes era andata la ‘sua’ medaglia olimpionica. Ma non la gloria, che consegnò l’italiano per sempre alla storia dei grandi.

Nasce oggi

Alexandre Dumas nato il 24 luglio 1802 a Villers Cotterets. Scrittore francese, maestro del teatro romantico e del romanzo storico, autore di capolavori come ‘I tre moschettieri’ e ‘Il conte di Montecristo’. Ha scritto: “Ho nel cuore tre sentimenti con i quali non ci si annoia mai: la tristezza, l’amore e la riconoscenza”.

Maurizio Costanzo