Ospedali e ambulatori in sofferenza. Così Omicron ritarda le altre cure

Personale dirottato nei reparti Covid o contagiato. E l’organizzazione ordinaria è di nuovo in ginocchio

Firenze, 17 gennaio 2022 -  L’altra sanità torna a soffrire pesantemente. Mentre si pativano ancora gli effetti delle prime tre ondate con ritardi – anche gravi – su diagnosi e interventi chirurgici, l’attività ordinaria negli ospedali è di nuovo ridotta al minimo: per rispondere all’emergenza Covid si riesce a garantire le urgenze, e con gran difficoltà per problemi di organico, ma non a dare adeguata risposta agli altri pazienti. Purtroppo si sa che le malattie non vanno in vacanza.

"E ancora una volta la pesantissima riduzione di sedute operatorie negli ospedali si farà sentire con un allungamento delle liste d’attesa chirurgiche", spiega il neopresidente della della Società tosco-umbra di chirurgia, professor Fabio Cianchi, ordinario di Chirurgia generale all’Università di Firenze. In Toscana e Umbria il picco di nuovi positivi settimanali è già stato raggiunto: lo dimostra la prima flessione (del 14%) del numero di nuovi casi registrati negli ultimi sette giorni rispetto alla settimana precedente – dopo 12 settimane di aumento –, mentre a livello nazionale è evidenziata un’ulteriore crescita.

La spiegazione potrebbe stare nel fatto che in Toscana e Umbria la variante Omicron da metà gennaio ha cominciato a correre con crescite esponenziali che hanno superato abbondantemente il 300%. Lo confermano anche i modelli del matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le applicazioni del calcolo Mauro Picone, del Cnr, addirittura applicato alle province: avrebbero già raggiunto il picco Firenze, Lucca, Massa Carrara, Pisa, Pistoia, Prato, Siena, Perugia e Terni e sarebbero in fase di crescita frenata Grosseto e Livorno.

Tuttavia ancora, a livello ospedaliero, il picco non è stato superato, soprattutto nelle degenze di area medica e nelle cosiddette cure intermedie, luoghi di degenza con posti letto a bassa intensità di cure, dove nella settimana appena chiusa è stata registrato un incremento del 30%. "Se qualcosa di positivo c’è stato in questi due anni di pandemia è che il Covid ci ha insegnato a riorganizzare rapidamente gli ospedali: si smontano e si rimontano i reparti con una rapidità e un’efficienza impressionante", spiega il direttore sanitario dell’Asl Toscana centro, Emanuele Gori. Detto questo, la criticità resta. Il modello sanitario è stato beffato nuovamente dal virus. Suggerisce nuove strategie l’elevatissimo numero di pazienti (in alcune strutture si sfiora il 50%) entrati per altre patologie che sono stati incidentalmente trovati positivi solo perché sottoposti a tampone al momento del ricovero.

In questo momento bisognerebbe dedicare ai positivi interi ospedali, con tutte le specialità. "Ma ora questa operazione è impossibile, perché arrivano ai vari pronto soccorso pazienti positivi che devono essere isolati e la criticità nei trasporti in ambulanza determinerebbe ritardi insostenibili per gli spostamenti", spiega Gori. E bisognerebbe essere più in grado di curare a domicilio i pazienti meno gravi. E questo modello, con le Usca in campo e i medici di famiglia ko, è ancora in fase sperimentale. A soffrire di più sono i pazienti che avrebbero bisogno di essere ricoverati per altre patologie e che non trovano risposta nel sistema. "Un terzo dei letti è dedicato al Covid nelle degenze mediche", spiega il direttore del dipartimento delle Specialistiche mediche dell’Asl Toscana centro, Giancarlo Landini. "La medicina più in sofferenza è quella ambulatoriale: le attività sono state ridotte anche per riversare il personale in corsia, per sostituire gli operatori in isolamento". Di tutto questo pagheremo le conseguenze.