Covid. La storia di Eleonora: "Io, artigiana costretta a chiudere senza diritto a 1 euro"

La paradossale situazione del suo piccolo negozio laboratorio Eleolab, simbolo di una categoria: “Si entra uno alla volta, nessuna possibilità di assembramenti. Ma lo Stato ci obbliga alla chiusura senza riconoscerci alcun sostegno”. E lancia un appello sui social

Eleonora, titolare del punto vendita e laboratorio Eleolab

Eleonora, titolare del punto vendita e laboratorio Eleolab

Firenze, 23 novembre 2020 - Con l’entrata della Toscana in ‘zona rossa’, sono scattate le chiusure per molte attività. Ma c’è chi, come Eleonora, titolare di Eleolab, che è insieme piccolo punto vendita e laboratorio di via Arnolfo, che vende abbigliamento e accessori appassionatamente fatti a mano, si è trovata nella paradossale situazione non solo di essere obbligata a chiudere, ma anche di non rientrare in nessuno degli aiuti economici previsti per chi ha dovuto per forza abbassare le saracinesche della propria attività. Perciò ha deciso di lanciare un post sui social, affinché il suo appello possa venire raccolto da molti e ascoltato dalle istituzioni. “Chi mi conosce sa che mi attengo alle regole – scrive Eleonora - e che sono disposta a fare sacrifici senza controbattere in una situazione grave come quella che stiamo vivendo. Trovo però che l’ultimo decreto sia folle, un appiccicaticcio di contentini a destra e a manca che alla fine dei salmi vede una zona rossa (la più grave) con quasi tutte le attività aperte, tutte tranne poche come la mia ad esempio. I grandi magazzini aperti con alcuni reparti transennati: e invece l’artigianato? Davvero un laboratorio di sartoria o simili deve stare chiuso? Dopo mesi di ingressi contingentati (1 alla volta) e sanificazione continua degli ambienti? Sembra che qualche sprovveduto abbia preso l’elenco dei codici Ateco e, con una benda sugli occhi, abbia spuntato le attività aperte e quelle chiuse. Qualcuno penserà che stiano dando degli aiuti economici: e invece no! Niente aiuti e niente rinvio degli adempimenti fiscali. Sono molto contrariata da questi provvedimenti che non abbasseranno la curva del contagio ma faranno chiudere tante attività. Chiedo alle (poche per genere merceologico) attività ingiustamente chiuse per decreto di mandarmi un tag in modo da creare un post che possa girare per farci ascoltare”.

Eleonora, qual è la situazione attuale del suo negozio e di quelli della sua categoria?

“Purtroppo in questo decreto non rientrano le attività come la mia, costrette a rimanere chiuse nonostante nelle zone rosse sia previsto che possano rimanere comunque aperte tante attività, come l’abbigliamento sportivo e per bambini. L’abbigliamento normale, in cui rientro anch’io, invece non rientra tra coloro che possono continuare a lavorare, e deve dunque restare chiuso. Ma questo non ha senso, anche perché nel mio caso ho una capienza d’accesso minima, può entrare una persona per volta, dunque non possono esserci assembramenti. Sembra una guerra al genere merceologico piuttosto che un’azione tesa ad evitare la possibilità che possono venirsi a creare assembramenti.

Oltre al danno della chiusura, c’è anche la beffa di non avere diritto a nessun ristoro.

“Esatto, non solo dobbiamo rimanere chiusi, ma non abbiamo neanche diritto a ricevere aiuti di nessun tipo, nemmeno sostegni minimi, utili a pagare l’affitto e le spese. La nostra categoria non è per nulla considerata dal decreto, e non c’è stata data neanche la possibilità di prorogare le imposte che abbiamo in scadenza fine novembre: né sgravi né proroghe. E se non paghiamo incorriamo peraltro in sanzioni aggiuntive: ecco, questa è la situazione”.

Dopo la riapertura del precedente lockdown ha visto una ripresa negli acquisti? E pensa che aprire sotto Natale possa giovare?

“Con la precedente riapertura che c’è stata dopo il lockdown, ho visto la gente tornare in negozio. Ora però, questo nuovo periodo di stop, che ci obbliga a tenere chiusi, dopo pochi mesi in cui abbiamo potuto lavorare, le nostre attività pagano un prezzo altissimo. Certo, una riapertura sotto Natale può certamente giovare al nostro lavoro”.

Che cosa chiede alle istituzioni?

“Che la zona rossa preveda un’apertura più omogenea delle varie attività. Non è pensabile che grandi negozi, dove possono entrare molte persone, siamo aperti, mentre il mio piccolo negozio laboratorio, dove si entra uno per volta, e dunque non c’è rischio di alcun assembramento, debba rimanere chiuso”.

Al suo appello hanno già risposto?

“L’ho lanciato oggi. Conosco altre attività che sono nella mia stessa situazione, e non si trovano solo nel centro storico, ma anche nell’immediata periferia. Tutti lavoratori costretti alla chiusura senza alcuna agevolazione o sostegno previsto. La speranza è questo appello smuova qualcosa e che chi di dovere intervenga per porre rimedio a questa situazione”.

Maurizio Costanzo