Covid. Dopo 63 anni Aristide chiude la storica Norcineria: pranzo solidale per sostenerlo

Lo storico ristoratore fiorentino fatica a tenere aperto l’altro ristorante, con un calo del fatturato dell'85%: “Mi sveglio alle cinque e la depressione non mi abbandona”

Giachi, Aristide, D'Ippolito

Giachi, Aristide, D'Ippolito

Firenze, 14 settembre 2020 - La depressione non lo abbandona mai, si sveglia alle 5 ogni mattina e le preoccupazioni lo tormentano. “Dopo 63 anni come ristoratore ho tanta paura di fallire e di diventare un peso per i miei figli. Ho paura di trovarmi senza forze”. Aristide  è uno storico ristoratore fiorentino che ha trovato il coraggio di raccontare la sua storia e svelare la faccia più cupa e subdola di questa crisi economica. Oggi, con il fatturato calato dell’85%, fatica a tenere aperta La Padellaccia in via Sant’Antonino, ma la Norcineria, proprio lì accanto, ha chiuso il bandone. 

 

Roberto d’Ippolito, fondatore dell'associazione Politica, Ora!, è andato - insieme alla vicesindaca Cristina Giachi -  a pranzo nel suo ristorante per dimostrargli vicinanza e solidarietà  “E’ nostro dovere sostenerli. Dopo aver dedicato la vita a questa attività, oggi si trova in questa situazione dolorosa. Quella di Aristide, così come quella di tanti altri ristoratori fiorentini, è un’attività peculiare ed unica per la nostra città, una presenza storica da tutelare e preservare.” “La Regione ha un ruolo importantissimo nella crisi di questo settore - commenta -  Con l’arrivo dei fondi europei, sarebbe opportuno che la Regione, in collaborazione con i Comuni, realizzasse dei programmi d’investimento e di aiuti economici a lunga scadenza, puntando anche sulla formazione di giovani da inserire nelle attività del settore commerciale e della ristorazione, in modo tale da assicurare a queste realtà economiche importantissime per il tessuto cittadino un futuro.” Un problema che va affrontato nell’immediato  “è quello degli affitti” prosegue D’Ippolito, “gli incassi di oggi non bastano a pagare i canoni pre-pandemia. Serve un accordo, una moratoria affinché in questa fase i ristoratori possano pagare un affitto proporzionale a quelli che sono i profitti reali. Sarebbe utile che l’amministrazione comunale facesse da mediatore con i proprietari degli immobili, per intraprendere delle trattative”.  Un’opportunità ulteriore potrebbe venire dai beni confiscati alla mafia e non utilizzati.  “La priorità va a amministrazioni pubbliche e associazioni di volontariato - continua - quelli che restano abbandonati, spesso alla malora, possono essere messi sul mercato, naturalmente con i dovuti e rigorosi controlli, e utilizzare il ricavato per aiutare il settore della ristorazione e quello alberghiero.”

 

Maurizio Costanzo