Covid. Bloccata a Malta dopo una vacanza studio: l’odissea di una studentessa fiorentina

L’appello di mamma Daniela: “Martina è stata alloggiata, insieme ad altri 7 ragazzi risultati positivi, nelle stanze sudice di un albergo: è depressa e senza alcuna assistenza medica o psicologica. Vivono una situazione orrenda: aiutiamoli a riportarli a casa”

Martina, studentessa di Sesto Fiorentino bloccata a Malta

Martina, studentessa di Sesto Fiorentino bloccata a Malta

Firenze, 20 luglio 2021 - Al tempo e nell’anno nero del Covid, con l’emergenza sanitaria di fatto ancora in atto, le vacanze possono diventare dei veri e propri incubi. E quelli che dovevano essere giorni di spensieratezza e di allegra, possono trasformarsi in giornate di infinita solitudine e depressione. È la disavventura capitata a un gruppo di otto ragazzi che ora si trova ora bloccato a Malta, senza sapere per quanto tempo ancora. Tutti e otto i ragazzi sono risultati positivi al test dl Covid-19 e tra loro, quasi tutti minorenni, c’è Martina, 17 anni, l’unica toscana, di Sesto Fiorentino. La sua odissea ce la racconta mamma Daniela, che domenica sera ha aspettato invano il suo ritorno a casa.

Signora Daniela, cosa è successo e come sta ora sua figlia?

“Mia figlia Martina, insieme al gruppo di ragazzi, ora è bloccata a Malta, confinata in un albergo sudicio. Fortunatamente è asintomatica, ma è depressa. Ha soli 17 anni, è lontana da casa e, insieme agli altri ragazzi, sono abbandonati a loro stessi”.

Quando è partita da Firenze?

“Il 4 luglio, è andata fino a Roma in treno. Da qui ha preso il volo a Fiumicino, si è imbarcata con un gruppo di ragazzi, in tutto una ventina, provenienti da tutt’Italia, per Malta col programma Education First. Doveva essere una vacanza studio con l’obiettivo di perfezionare una lingua straniera all’estero, l’inglese. Tutto è andato bene, fino al giorno in cui si sarebbe dovuta imbarcare per fare ritorno a casa.  Il 18 luglio infatti, poco prima di salire sul volo, che era previsto verso le ore 19, i ragazzi sono stati chiamati a sottoporsi al tampone rapido. Mia figlia ha fatto il test intorno alle 16,30 ed è risultata positiva. E così, mentre lei, insieme agli altri 7 ragazzi risultati positivi, è stata fermata e rimandata in albergo, il gruppo che invece era negativo si è imbarcato, peraltro insieme alle due accompagnatrici, e sono tornati in Italia”.

Cosa è successo a quel punto?

“Martina e gli altri 7 ragazzi sono stati accompagnati in albergo, ma in stanze diverse da quelle dove risiedevano prima. Stanze appena lasciate da altri ospiti, dove hanno trovato del sudicio ovunque. L’assistenza non esiste, di nessun tipo. Tranne un paio di telefonate, l’agenzia EF non si è fatta viva. Le tre camere dove sono alloggiati i ragazzi sono sporche, mia figlia condivide la sua con altre tre ragazze. Il cibo è scadente, infatti ordinano da mangiare tramite  un’applicazione. L’assistenza dell’albergo è molto precaria: si sentono soli, abbandonati, lasciati a loro stessi. Sono depressi e non c’è assistenza psicologica”.

I ragazzi sono stati contattati dai medici?

“Per fortuna sono asintomatici, ma nessun medico li ha mai visitati. Nessuno si prende cura di loro, nessuno, almeno finora, si è fatto vivo per sincerarsi sul loro stato di salute. Che è comunque precario, perché sono minorenni, lontani da casa, in un Paese straniero, e sono depressi”.

Ha cercato di contattare qualcuno?

“Ho scritto una mail all’ambasciata ma non ho avuto risposta. Ho provato a contattare ripetutamente l’agenzia EF, ma non risponde mai. Mi ha risposto un’unica volta al telefono, in inglese: l’unica cosa che hanno saputo dirmi è che bisogna aspettare l’esito del tampone molecolare, per un tempo imprecisato: a me e a mia figlia hanno detto due date diverse: chi 36 ore, chi 4 giorni”.

Cosa le chiede sua figlia quando vi sentite?

“Vuole tornare a casa. Per questo lancio un accorato appello alle istituzioni italiane: mia figlia, così come gli altri ragazzi che sono con lei, vogliono solo tornare in Italia. Lì dove sono ora, soffrono la sporcizia e la solitudine. Organizzando un volo, potrebbero fare la quarantena nel nostro Paese. Invece sono all’estero senza assistenza: nessun medico si è fatto vivo per chiedere come stanno. Si sentono abbandonati a loro stessi, e non ce la fanno più. Aiutateli a fare ritorno a casa”.

Maurizio Costanzo