Cospito, il 41 bis ossessione della malavita. Per i boss è il nemico da abbattere

I colloqui in carcere tra Cospito e alcuni mafiosi testimoniano l’interesse per la sua abolizione. L’ex pm Caselli: "La mafia approfitta di queste situazioni". De Rhao (oggi M5S): "Così lo Stato si indebolisce"

Roma, 2 febbraio 2023 - Ora d’aria per i detenuti in carcere duro – in regime di 41 bis – al Bancali di Sassari, luogo di reclusione dell’anarchico Alfredo Cospito prima del trasferimento a Opera. Il tema di discussione con il leader anarchico, in sciopero della fame da oltre cento giorni, è chiaro: il 41 bis. "Devi mantenere l’andamento, vai avanti", gli suggerisce Francesco Presta, boss e killer delle ’ndrine cosentine, secondo le rivelazioni alla Camera del deputato di FdI, Giovanni Donzelli (ora sotto accusa al Gran Giurì della Camera mentre la Procura di Roma indaga per rivelazione di segreto d’ufficio). Cospito – sempre secondo Donzelli – risponde: "Fuori non si stanno muovendo solo gli anarchici, ma anche altre associazioni. Adesso vediamo che succede a Roma". E Presta dà fiato alle speranze dell’élite criminale, gli oltre 700 reclusi al 41 bis: "Sarebbe importante che la questione arrivasse a livello europeo e magari ci levassero l’ergastolo ostativo" ( ndr , ai benefici).

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Uno striscione al presidio di militanti anarchici per Cospito
Uno striscione al presidio di militanti anarchici per Cospito

Contenuti analoghi nell’altro colloquio intercettato dalle cimici del Dap, svelato in aula da Donzelli: "Pezzetto dopo pezzetto si arriverà al risultato", auspica Francesco Di Maio, camorrista affiliato al clan dei Casalesi. Cospito non si sottrae: "Dev’essere una lotta contro il 41 bis, per me siamo tutti uguali". I virgolettati citati dal vicepresidente del Copasir sono la prova più immediata del chiodo fisso di mafiosi e terroristi, rinfrancati, già prima dell’offensiva di Cospito, dalle sentenze della Cedu (la Corte europea dei diritti umani), nel 2018 e nel 2019 su 41 bis ed ergastolo ostativo. In sintesi: "Gli sforzi per contrastare" la "piaga" mafiosa non possono "giustificare una deroga alle disposizioni dell’articolo 3 della Convenzione, che vieta in termini assoluti trattamenti inumani o degradanti". Che il tema delle misure restrittive speciali sia da sempre ’ai limiti’ è confermato anche dai reiterati interventi della Corte costituzionale che, nel corso degli anni, ha restituito ai detenuti al 41 bis il diritto a cucinare cibi cotti o a contare sulla corrispondenza con i propri difensori non sottoposta al visto dell’autorità. E sul tema parallelo dell’ergastolo ostativo, la Consulta da tempo sollecita l’iniziativa del Parlamento. Ma la riforma resta al palo, e l’accelerazione impressa dal caso Cospito certo non favorisce i tecnici.

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Da ormai trent’anni l’abolizione del carcere duro emerge infatti come la più nitida ambizione delle cosche. Nonostante il 41 bis sia stato via via smussato, i condannati per mafia e terrorismo continuano a considerare la misura cristallizzatasi nell’ordinamento dopo la morte di Giovanni Falcone, e diventata permanente nel 2002, come il nemico per eccellenza. Proprio per questo, tutti i clan ora vedono il caso Cospito come la leva più preziosa per quell’alleggerimento carcerario già desiderato da Totò Riina.

"Attenzione – mette in guardia da giorni Giancarlo Caselli, ex procuratore capo di Palermo e Torino, capitali di Cosa Nostra e anarchia –, quando si parla di 41 bis, la mafia (che vuole abolirlo a tutti i costi) è sempre pronta ad approfittare della situazione. La bagarre scatenatasi in favore di Cospito è un ‘piatto sporco’ in cui possono mettere le mani personaggi di ogni tipo". Il 41 bis "è uno strumento straordinario", certifica Federico Cafiero de Raho (M5S). L’ex procuratore nazionale antimafia, oggi deputato, è risoluto: "Ogni indebolimento degli strumenti antimafia significherebbe rendere lo Stato non più in grado di combattere il crimine organizzato".