Negli alberghi i reclusi dal virus. "Abbandonati tra ritardi e silenzi"

Viaggio negli hotel toscani riconvertiti in alloggi sanitari. Le lunghe settimane di isolamento per i positivi

Le strutture dovranno essere sottoposte a un’accurata sanificazione

Le strutture dovranno essere sottoposte a un’accurata sanificazione

Pisa, 24 ottobre 2020 - C’è un piccolo mondo che chiede attenzione. Un mondo dove i positivi asintomatici al Covid-19 diventano come fantasmi una volta entrati. È il mondo degli alberghi sanitari, gli hotel convertiti in alloggi per persone positive che non hanno necessità di cure ospedaliere ma possono trascorrervi il necessario periodo di isolamento per motivi vari (dimessi e ancora infettanti, asintomatici o paucisintomatici), compresa l’impossibilità di gestire in casa la quarantena. Un investimento importante della Regione che corrisponde, alle strutture che hanno risposto al bando 30 euro al giorno per ogni camera messa a disposizione, che sia piena o vuota, più le spese. La vita in queste strutture è confortevole, ma isolamento e assenza di informazioni dalle aziende sanitarie sono il peso più grave e, in molti casi, traumatico. Come racconta chi in uno di questi alberghi sanitari, quello di Pisa, trascorre ore infinite. Che diventano settimane.

«Ci salva il wi-fi; grazie al computer e al telefono possiamo continuare a lavorare e obliterare per qualche ora la solitudine". La vita scorre lenta e gli unici assaggi di socialità sono quando arrivano le donne delle pulizie, oppure medici e infermieri per eseguire i tamponi. Il resto del tempo si parlano dai terrazzi, se va bene, o guardano i bambini giocare in cortile. "Il ricordo che porterò sempre nel mio cuore, dopo questa avventura – racconta un uomo appena uscito da 54 giorni di isolamento – è un bimbo che giocava da solo con un sacco di carta del pane in testa e un bastoncino. Chissà cosa si immaginava". Il paradosso: "Mentre ascoltavo le risa gioiose di quel bambino, sentivo il pianto di una donna nella camera accanto – racconta ancora –; voleva andar via, doveva fare il tampone ma erano passati più di dieci giorni dalla data in cui era previsto".

Fantasmi, isolati da tutto e tutti. Un picchio alla porta annuncia che è arrivato il pranzo. Si dà il tempo di allontanarsi all’angelo custode che provvede alle consegne e si ritira la busta col cibo. "Non possiamo neanche dire loro grazie guardandoli negli occhi". Idem per la cena, che viene portata assieme alla colazione per il giorno dopo. Per un caffè caldo bisogna accordarsi con la reception. «Non possiamo toccare le monete – racconta un ex ospite -; così dobbiamo disturbare i dipendenti ai quali poi, alla fine della permanenza, pagheremo con carta di credito". Ogni giorno è un viavai di parenti, quelli che hanno finito la quarantena e possono così uscire e portare abiti o una pizza ai parenti in albergo. "Siamo grati a tutti – raccontano gli ospiti -; non fanno mancare nulla. Il nostro dramma è non sapere e vivere isolati". C’è chi è rimasto attaccato al telefono quattro ore, dalle 11 alle 15, collegato al numero dedicato dell’Asl di Pisa per aver informazioni sul tampone della moglie e sulla propria quarantena. "Era quasi il mio turno. Poi è caduta la linea". Il senso di abbandono è prostrante.

A qualcuno saltano i nervi. "Giorni fa una signora ha aggredito i medici. L’hanno portata via. Poverini, i medici non c’entrano nulla. Ma il non sapere, l’attesa per fare i tamponi e per avere i risultati è esasperante". In tanti confermano: "Se non ci fossero stati tutti questi ritardi, saremmo potuti uscire prima". Molti sono entrati in albergo, sebbene in casa fosse possibile vivere l’isolamento, per alleggerire i familiari ed evitare l’incubo di contagiarli: "Peccato che il sistema non funzioni".