"Qui c’è lavoro, nessuno lo vuole"

Massa: cooperativa offre 1.100 euro al mese ma non trova addetti

Enrico Benassi  è il responsabile del personale

Enrico Benassi è il responsabile del personale

Massa Carrara, 27 giugno 2019 - C’è un'azienda in espansione, con 97 dipendenti, che decide di investire un milione e mezzo di euro su una nuova sede operativa in Lunigiana, nell’entroterra della provincia apuana, una delle più povere della Toscana. Da marzo sta cercando 30 persone da assumere, ma non le trova. E’ la cooperativa Serinper, società che dal 2010 si dedica al servizio di persone con disagi sociali, relazionali ed affettivi di tutte le età, con 13 strutture fra Massa Carrara e Lucca. Ad Aulla aprirà una struttura dedicata a ragazzi adolescenti e ha bisogno di personale qualificato: educatori, tecnici della riabilitazione psichiatrica, operatori socio sanitari, infermieri e animatori di comunità. Completare l’organico, però, sembra una missione impossibile e il responsabile del personale, Enrico Benassi, non sa spiegarsi il perché.

«Dal punto di vista aziendale facciamo quello che serve. Assunzioni a tempo indeterminato, pagamenti regolari, stipendi che partono da un minimo netto di 1.100 euro. L’essenziale per chi vuole programmare il futuro, comprare casa, mettere su famiglia. Sappiamo che il settore non è semplice: servono qualifiche specifiche e serve passione, forza d’animo, perché si ha a che fare con situazioni delicate, con bambini molto fragili. Però non può essere solo questo… ». Quanti curricula avete ricevuto e quante persone siete riusciti a trovare? «Dalla metà di marzo circa 300 candidature. Alla fine, però, solo poco più di 30 erano realmente interessati e si sono presentati. Per loro stiamo facendo corsi di formazione specifici. Abbiamo già assunto 8 persone. Ma ne mancano almeno altre 20… ». Perché i corsi di formazione? «Perché, come detto, lavoriamo in un settore estremamente delicato e abbiamo bisogno di capire chi può farcela. E anche gli stessi candidati devono capire qual è il settore in cui si devono calare». Solo una trentina al colloquio. Colpa del reddito di cittadinanza o c’è dell’altro? «No, sembra piuttosto che ci sia stata una strana involuzione della società. C’è chi gioca a fare il ‘ragazzo’ anche oltre i 40 anni, non vuole responsabilità. I più giovani, poi, o sono estremamente spaventati oppure sembrano quasi conquistati completamente dal mondo dei social e degli influencer, attratti dai soldi facili ottenuti con la visibilità. Noi continuiamo a cercare ma forse bisogna ripensare anche il sistema formativo. Serve un polo di formazione professionale specifico, tecnico, per superare lo scollamento fra gli studi e il mondo del lavoro, per colmare il vuoto fra teoria e pratica che incute timori e paure, soprattutto fra i giovani».

Francesco Scolaro