Concerti. Vinicio Capossela torna a Prato con 'Pandemonium'

Appuntamento il 17 aprile in doppia replica: parte la corsa ai biglietti già disponibili

Vinicio Capossela

Vinicio Capossela

Prato, 3 dicembre 2020 – La musica non si ferma. E nonostante l’attuale sospensione della attività dei teatri, spettacoli e concerti dovuta all'emergenza sanitaria, Fonderia Cultart e il Teatro Politeama Pratese proseguono il lavoro di programmazione  e annunciano un nuovo spettacolo della stagione “Ripartiamo insieme”. Si tratta del ritorno a Prato di Vinicio Capossela con lo spettacolo Pandemonium sabato 17 aprile 2021 in doppia replica, i posti saranno limitati e distanziati, alle ore 19 e alle ore 21.30, i cui biglietti sono già disponibili sul circuito Ticketone. 

 

L'invito agli spettatori è quello di sostenere la musica e lo spettacolo, e di regalarsi, magari per Natale un biglietto per un concerto. Un segno importante per tutto il settore, che durante il 2020 ha vissuto e continua a vivere notevoli difficoltà. Gli organizzatori assicurano, comunque, qualora gli spettacoli non potessero aver luogo per ragioni dettate dai provvedimenti per far fronte all'emergenza sanitaria che i biglietti già acquistati saranno validi per le nuove date o saranno rimborsati integralmente entro trenta giorni dalla data eventualmente cancellata. Così è già accaduto per il concerto di Roberto Cacciapaglia, programmato il 25 novembre e rinviato al 30 gennaio, e per quello di Michael Nyman, programmato il 17 novembre e poi annullato. Informazioni [email protected]. Lo spettacolo, che vede protagonisti lo stesso Capossela assieme a Vincenzo Vasi, prende spunto da  “Pan”, tutto, e “demonio”: tutto demonio, in opposizione a pan theos, tutto Dio. Dunque un concertato per tutti i demoni, accompagnato da un insieme si strumenti musicali che insieme evocano il Pandemonium, mitico strumento gigantesco, del tipo dell’organo da fiera, completamente realizzato in metallo. A costruire il “Pandemonium” sembra siano stati i sudditi del re Laurino, esseri di piccola statura, abitanti di un regno sotterraneo in grande confidenza con l’estrazione mineraria. Questa origine ctonia conferirebbe un tono grave allo strumento che tiene a bassa quota lo spirito relegando ritmi e armonie a una dimensione infera, primitiva; i suoni che da esso si propagano non si elevano al cielo, ma sembrano sprofondare nella terra, a tiro del fuoco perenne, in un rimestamento che è lavorio della memoria continuamente sollecitata al fuoco bianco

 

Pandemonium è un concerto narrativo con canzoni messe a nudo, scelte liberamente in un repertorio che questo anno va a compiere i trent’anni dalla data di pubblicazione del primo disco “all’una e trentacinque circa” (1990). “Il demone a cui mi riferisco in questo Pandemoium – spiega Vinicio Capossela - è il dáimon dei greci. L’essenza dell’anima imprigionata dal corpo che è il tramite tra umano e divino. Il destino legato all’indole, e quindi al carattere. Pan Daimon, tutti i demoni che fanno la complessità della nostra natura, tutte le stanze di cui è composto il bordello del nostro cuore. (Pan e Daimon, tutti insieme). Il Pandemonium è la somma delle nature nelle loro contraddizioni. Per esempio, ambire all’unione e allo stesso tempo coltivare la clandestinità, avere tensione alla spiritualità e dissiparsi nella carne, ambire all’unità e andare in mille pezzi. Un luogo in cui tutte le nature del nostro carattere hanno voce per esprimersi. Nature che generano cacofonia, il pan panico, la confusione del tutto quanto, l’entropia incessante che ci fa continuamente procedere e separare. Tutti i daimon come in un vaso di pandora liberati nell’isolamento e nell’insicurezza che ci ha colti nella pandemia. Nuove e antiche pestilenze. Ma allo stesso tempo il daimon è l'angelo, l’entità che fa da ponte col divino. Perché un po’ di divino nell’uomo c’è, pure se impastato col fango e il daimon lo rimesta e solleva”. Che musica fa il Pandemonium? “Ho sentito parlare di questo enorme strumento - aggiunge Capossela - un grande organo fatto di metalli estratti dalle viscere della terra, dalle creature intraterrestri, i nani che battono e forgiano nelle cavità ctonie, il cui rimbombo ci raggiunge col brontolare del tuono, e provoca il frastuono. Il disordine continua il suo lavoro, fino nelle fibre dell’invisibile e ci modifica incessantemente. Noi cerchiamo di mettere un po’ di ordine, salvare qualche emozione pura, forgiandola in canzone e suonandola in solitudine. Una solitudine amplificata. C’è sì un compagno, un rumorista intraterrestre, Vincenzo Vasi, ma è lì per fare sentire la mancanza dell’orchestra, non per colmarla. Funge da amplificatore di echi nella solitudine della pancia della balena, durante l'eclissi. Amplifica le sue volte, le sue caverne e i suoi strati. Batte i metalli delle piastre del vibrafono e li fa espandere, come la goccia provoca cerchi quando cade. Suona le voci fantasma nascoste nel Theremin e rigenera i suoni del mondo. E poi c’è l’intimità del colloquio, così come è avvenuto nella distanza. La narrazione che svela le storie e gli scheletri negli armadi delle canzoni. Un repertorio scelto di volta in volta nei cunicoli scavati in trent'anni di canzoni. Questa è l’intimità che si propone il nostro incontro pandemoniale in musica nell'estate dei ruggenti anni venti, venti”.

 

 

Maurizio Costanzo