
David Bruschi, caposervizio della redazione di Prato
Firenze, 18 marzo 2016 - Incrociando le dita (e mai gesto scaramantico, visto l’argomento che segue, è stato più appropriato) non saranno questi i voti che comprometteranno il loro cammino scolastico perché si sa, del giudizio in condotta alla fine non importa niente a nessuno.
Però l’annunciata punizione collettiva per gli studenti del liceo classico Cicognini, uno dei principali istituti di Prato, è comunque destinata a fare scalpore perché mette in discussione (ebbene sì, un’altra certezza che viene meno) un rito decennale che tutti, finora, dal Nord al Sud, avevamo sempre interpretato come una simpatica e innocua abitudine destinata a finire nell’album dei ricordi della nostra gioventù: il rito dei cento giorni, quello che precede di tre mesi il fatidico esame di maturità, misto di scaramanzia, goliardia e voglia di stare insieme.
Ecco, succede che il preside Mario Di Carlo, arrabbiatissimo con i suoi studenti («comportamento deplorevole, scelta irresponsabile»), abbia invitato i professori della scuola a punire - abbassando i voti finali in condotta - la forca collettiva di lunedì scorso, quando praticamente tutte le quinte dell’istituto si sono riversate a Viareggio per scrivere sulla sabbia l’auspicata votazione finale. Eppure la stessa cosa hanno fatto i maturandi di tantissime scuole toscane: chi ha raggiunto il litorale della Versilia, chi Piazza dei Miracoli a Pisa dove torme di studenti si ritrovano tutti gli anni per toccare la coda della lucertolina magica scolpita sulla porta della cattedrale. Dice il preside: «Più utile studiare che affidarsi a riti propiziatori». E il ragionamento non fa una grinza, se non per il rischio di prendere tutto un po’ troppo sul serio e a meno di non mettere in discussione secoli di alta cultura popolare e anche il vecchio calendario romano, già diviso, più di duemila anni fa, fra giorni sfigati e giorni fortunati. Ragion per cui, per non sbagliare, anche oggi sarà meglio iniziare a toccare ferro. Hai visto mai che sia il giorno sbagliato