Cardiomiopatia ipertrofica, nuova speranza per chi ne soffre

Iacopo Olivotto dell’università di Firenze: "L’obiettivo è sostituire o riparare il gene che presenta l'alterazione in una fase molto iniziale della patologia, per eliminarla completamente"

Malattia cardiaca (foto Ansa)

Malattia cardiaca (foto Ansa)

Firenze, 8 dicembre 2022 – Una nuova speranza per chi è affetto da cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva. Oggi esiste una molecola – mavacamten - già disponibile negli Stati Uniti e in corso di registrazione in Europa, che ha mostrato un importante potenziale nell'offrire un miglioramento rapido e duraturo di alcune anomalie cardiache chiave nei pazienti che vivono con questa malattia cronica, talvolta progressiva. Si stima siano oltre 100mila le persone colpite da cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva in Italia. Di queste, però, solo circa 15mila hanno ricevuto una diagnosi corretta. Nei restanti casi, i sintomi sono confusi con quelli di altre malattie a carico del cuore o sono sottovalutati.

La patologia, che causa l'ispessimento del muscolo cardiaco, presenta infatti segnali comuni a molte altre condizioni cliniche. "La cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva è una malattia genetica molto diffusa: le proteine del cuore vengono alterate con un aumento anomalo della loro attività contrattile - spiega Iacopo Olivotto, professore ordinario di Cardiologia all'università degli studi di Firenze e direttore della cardiologia pediatrica dell'Azienda ospedaliero universitaria Meyer -. La patologia causa un importante ispessimento delle pareti del muscolo cardiaco e un aumento sproporzionato del consumo di energia, che nel lungo termine può avere conseguenze anche molto gravi. I sintomi più comuni sono palpitazioni, stanchezza, affanno e difficoltà a svolgere esercizio fisico, soprattutto dopo i pasti. Più raramente si presentano sincope, angina e dispnea.

Nelle forme cosiddette ostruttive, può anche esistere un ostacolo all'uscita del sangue dal ventricolo sinistro, che, in alcuni casi, necessita di una correzione chirurgica. Esistono, però, anche casi lievi e del tutto asintomatici. Questo rende ancora più complessa la diagnosi, soprattutto nei giovani. La malattia viene in genere diagnosticata intorno ai 40 anni, ma è spesso già presente fin dall'adolescenza. La medicina sportiva è in grado di riconoscerla in stadi asintomatici grazie agli esami previsti per gli atleti, soprattutto l'Ecg, ed è in grado di ridurre in modo significativo i casi di morti improvvise durante le competizioni sportive. Questa malattia compromette la qualità della vita, perché può rendere difficoltose anche le attività più semplici. Molto spesso è questo il primo segnale che spinge i pazienti a effettuare un controllo dal proprio medico". La cardiomiopatia ipertrofica è una malattia ereditaria determinata da mutazioni in uno dei geni che codificano per le proteine del sarcomero, l'unità funzionale contrattile delle cellule muscolari cardiache. È la malattia genetica familiare cardiaca più frequente, per lo più trasmessa con modalità autosomica dominante. "Il test genetico è indicato per ogni paziente, anche se non tutti scelgono di effettuarlo. Risulta positivo in circa la metà dei casi ed è utile per studiare gli altri componenti della famiglia - sottolinea Olivotto -. Nel rimanente 50% dei malati il test è negativo, il che significa che la malattia potrebbe essersi sviluppata su base poligenica. In mancanza di un unico gene responsabile, sui familiari possono essere svolti solo gli screening clinici, quindi con Ecg, nell'adulto circa ogni 5 anni, negli adolescenti più spesso, perché per età sono a rischio di sviluppare la patologia anche se ancora asintomatici. Il test sui familiari permette di identificare chi deve essere seguito nel tempo. Si tratta di esami estremamente sensibili, che oggi possono essere svolti in modo rapido, ma di complessa interpretazione: per questo è molto importante avvalersi di un genetista con esperienza specifica in cardiopatie". Nello studio Explorer-Hcm, mavacamten ha evidenziato un considerevole miglioramento del Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire: 36% con mavacamten rispetto al 15% con placebo. Il Kccq Oss è un questionario a 23 punti malattia-specifico che quantifica i sintomi, la condizione fisica, la funzione sociale e la qualità di vita dei pazienti. Questa analisi supporta le evidenze scientifiche che indicano il beneficio del farmaco nel migliorare le condizioni di salute, i sintomi e la qualità di vita. Lo studio Valor-Hcm, inoltre, ha evidenziato che l'aggiunta di mavacamten riduce significativamente il bisogno di procedure di riduzione del setto (Srt) in pazienti con cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva sintomatica grave candidati alla Srt, secondo le Linee Guida 2011 dell'American College of Cardiology/American Heart Association (Acc/Aha).

Dei pazienti trattati con mavacamten, l'82% non aveva più la necessità di essere sottoposto a Srt e non soddisfaceva più i criteri per la Srt secondo le Linee Guida rispetto al 23% dei pazienti che hanno ricevuto placebo. I pazienti trattati con mavacamten hanno anche dimostrato un miglioramento delle misure della qualità di vita e dei biomarcatori cardiaci. A chirurgia e terapia farmacologica, utili a trattare la malattia quando si è già presentata, si aggiungono poi le prime iniziative di terapia genica, per un intervento pre-clinico. "L'obiettivo è sostituire o riparare il gene che presenta l'alterazione in una fase molto iniziale della patologia, per eliminarla completamente - conclude Olivotto -. Sarà rivolta ai pazienti giovani, ma la ricerca è ancora in divenire”.  

Maurizio Costanzo