Prima onda anomala sui balneari. Effetto inflazione: canoni su del 25 per cento

La stangata è legata all’aggiornamento Istat, di fatto calcolato ma mai applicato negli ultimi 32 anni. Allarme a livello nazionale, ma in Versilia fa più paura la Bolkenstein: "Il governo mantenga le promesse"

A Viareggio una protesta dei balneari contro le aste della Bolkestein

A Viareggio una protesta dei balneari contro le aste della Bolkestein

Viareggio, 2 gennaio 2023 -  L’anno dei balneari comincia con un bell’aumento dei canoni demaniali marittimi: più 25,15%, come decretato dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, di concerto col collega di Economia e Finanze Giancarlo Giorgetti. Di pari passo, il canone minimo di una concessione (le parecelle di pochi metri) viene portato a 3.377,50 euro l’anno. In realtà l’apparente stangata è un recupero dell’aggiornamento dell’indice Istat dell’Inflazione, calcolato ma non applicato per tanti anni sui canoni. Tanto è bastato, però, a scatenare la protesta nazionale dei sindacati dei balneari Sib (Confcommercio) e Fiba (Confesercenti).

In una nota congiunta Antonio Capacchione (Sib) e Maurizio Rustignoli (Fiba) definiscono il rincaro "ingiustificato e ingiusto, perché l’indice Istat del 2022 è l’1,5% e questo aumento va oltre il triplo dell’inflazione all’8,1%". Invece in Versilia i gestori dei bagni non sembrano troppo preoccupati. La spiegazione arriva da Marco Daddio, presidente dei balneari di Lido di Camaiore: "La circolare ministeriale si riferisce al decreto 321 del 30 dicembre. E fissa nel 25,15% l’aggiornamento Istat dei canoni che era stato calcolato ogni anno, ma mai applicato dal 1990. Quindi sono soldi dovuti, si riferiscono ad aumenti mai avvenuti nel passato. Ma questo non ci spaventa. Fa paura invece il fatto che adesso mancano 365 giorni all’obbligo delle aste delle concessioni, come sancito dalla sentenza del Consiglio di Stato 18/21 sulla Bolkestein, e il governo Meloni non ha ancora dato indicazioni che confermino le promesse fatte in campagna elettorale".

Infatti, al momento, vale l’inidirizzo del Consiglio di Stato che ha definito non più rinnovabili "ope legis" le concessioni demaniali in scadenza, tutte, al prossimo 31 dicembre: annullando quindi le proroghe che erano state rilasciate fino al 2033. "L’unica speranza – osserva Daddio – è che questo recupero dell’Istat deciso dal governo sia una merce di scambio per arrivare ad ottenere l’esclusione delle concessioni demaniali turistiche dall’obbligo delle aste della Bolkestein". Ma la spes ultima dea non piace a Capacchione e Rustignoli: "L’aumento del 25,14% esaspera un meccanismo di determinazione dei canoni marittimi che non è parametrato all’effettiva redditività delle aree, e disincentiva gli investimenti nelle strutture balneari. Con questi criteri c’è chi paga poco e chi paga troppo, senza dimenticare che in Italia sui servizi di spiaggia pesa l’Iva al 22% anziché al 10% come per le altre aziende turistiche. Paghiamo la Tari anche sulle aree inutilizzate, e l’Imu benché siamo considerati affittuari".

E mentre Sib e Fiba si preparano a chiedere la revoca del decreto Salvini in attesa dei nuovi criteri di calcolo dei canoni, anche Confindustria nautica fa ricorso contro la sentenza del Consiglio di Stato sulla Bolkestein: è annunciata l’azione davanti alle sezioni unite della Corte di Cassazione, insieme ad Assomarinas e Assonat Confcommercio, nella convinzione che il supremo giudice amministrativo abbia "violato i limiti della giurisdizione amministrativa e invaso la sfera del potere legislativo". E cioè: "Il CdS ha disposto la cessazione al 31.12.23 delle concessioni marittime in regime di proroga, specificando che eventuali proroghe del termine debbano naturalmente considerarsi in contrasto col il diritto dell’Unione europea: in questo modo il Parlamento è stato anche privato del tempo utile a una ponderata riforma del settore".