Baby gang, allarme giovani tra rapine e violenze. L'incubo dalle ceneri del Covid

Il rapporto di Transcrime: fenomeno in crescita grazie ai social Risse e bullismo i reati più frequenti. Le vittime hanno tra 14 e 18 anni

Allarme tra i giovani: cresce il numero delle baby gang

Allarme tra i giovani: cresce il numero delle baby gang

Milano, 7 ottobre 2022 - Ci sono le nuove leve della MS-13, la pandilla di esportazione salvadoregna, e i ragazzi della Barrio Banlieue, che richiamano già nel nome di battaglia le scorribande nelle periferie francesi. Ci sono i gruppi che hanno legami più o meno consolidati con la criminalità locale: è il caso dei giovanissimi crotonesi in contatto con il locale di ’ndrangheta di Cirò e dei vibonesi che si ispirano ai boss della Magliana stile "Romanzo criminale". Senza dimenticare le bande più strutturate, con un’organizzazione embrionale a disciplinarne i compiti e responsabili di reati come rapine e spaccio, e quelle decisamente più fluide e senza una gerarchia chiara a governarle, magari legate a un quartiere specifico di una grande città (vedi le milanesi Z4 e Ripamonti M5) e coinvolte soprattutto in risse e pestaggi a coetanei.

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È la fotografia più attuale, la prima così delineata nei dettagli, di un fenomeno che negli ultimi anni ha fatto parlare di sé in varie forme e in contesti differenti: le baby gang. Con due aspetti sullo sfondo: gli effetti della pandemia sugli adolescenti e la fragilità dei rapporti umani mediati dal web. Lo studio è nato dalla collaborazione tra il centro di ricerca Transcrime dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e gli atenei di Bologna e Perugia, il Servizio analisi criminale del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno e il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della Giustizia. Il report, a cura di Ernesto Savona, Marco Dugato ed Edoardo Villa, si è alimentato delle risposte che Comandi provinciali dei carabinieri, Questure e Uffici di servizio sociale per i minorenni (Ussm) di tutta Italia hanno dato alle domande elencate in due questionari.

Ecco l’istantanea che ne emerge. In media, una banda è formata da meno di 10 minorenni, tra i 15 e i 17 anni. In maggioranza italiani, i componenti vivono di frequente (ma non sempre) "situazioni di marginalità o disagio socio-economico". Tra i fattori che li spingono ad aggregarsi, il documento cita i rapporti problematici con le famiglie o con i compagni di scuola, le difficoltà relazionali "o di inclusione nel tessuto sociale" e l’uso dei social "come strumento per rafforzare le identità di gruppo e generare processi di emulazione o auto-assolvimento". Già, i social, che rivestono una triplice funzione: motore di contatti sempre più spersonalizzanti, catalizzatore di contenuti violenti e strumento per mostrare "gli atti compiuti come atto di sfida o autoaffermazione".

E poi c’è il Covid, che ha avuto un impatto estremamente rilevante sulla quotidianità dei ragazzi e che si è innestato "in un contesto già particolarmente critico che vede da diversi anni il nostro Paese caratterizzato da difficoltà strutturali per i più giovani". Gli effetti indiretti, precisa Dugato, andranno valutati in un periodo "temporale più ampio", ma già oggi si può dire che la pandemia e tutto ciò che ne è derivato a cascata non ha fatto altro che "esasperare situazioni di marginalità, disagio psicologico o esclusione sociale di giovani e giovanissimi, che sono spesso alla base di comportamenti devianti o criminali". I numeri del fenomeno sono in crescita: basti dire che nel 2021 ben 186 minorenni legati a bande sono stati presi in carico dagli Ussm, con cifre in evidente aumento rispetto ai 107 del 2019 e ai 79 del 2020. La mappa dello Stivale, colorata con più o meno intensità a seconda delle statistiche di forze dell’ordine e Uffici di servizio sociale per minorenni, mostra un incremento a macchia di leopardo concentrato nella parte Nord-Ovest della Lombardia, in alcune province di Emilia Romagna, Toscana e Marche e in Lazio, Puglia, Campania e Sardegna. I reati più frequenti? Risse, bullismo e atti vandalici. Come uscirne? Non solo con la repressione, ma mettendo in campo una serie di azioni che vanno dalla realizzazione di luoghi di aggregazione alla predisposizione di "percorsi formativi e lavorativi finalizzati alla riduzione dell’abbandono scolastico".