Alzheimer: il 35-40% degli ultra 85enni soffre di decadimento cognitivo

Enrico Benvenuti, direttore geriatria Firenze Empoli dell’Azienda Usl Toscana centro: "Purtroppo la malattia non si cura coi farmaci"

Alzheimer

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Firenze, 21 settembre 2022 - “Gli ultra-85enni, nel 35-40% dei casi sono affetti da decadimento cognitivo”. A dirlo è il dottor Enrico Benvenuti, direttore geriatria Firenze Empoli dell’Azienda Usl Toscana centro. “Purtroppo il decadimento cognitivo è in crescita. È una condizione molto invalidante, anche perché colpisce in prima persona le famiglie - dice -. Grazie al cielo abbiamo molti servizi, certo non ancora sufficienti, per coprire i bisogni. Penso ai moduli Alzheimer nelle Rsa, ai centri diurni, ai caffè Alzheimer ed ai percorsi museali studiati appositamente per questi malati”. La giornata mondiale dell'Alzheimer, che cade oggi, è stata istituita nel 1994 proprio con l’obiettivo di accrescere la consapevolezza dell’opinione pubblica intorno a questa grave malattia che nel mondo colpisce circa 40 milioni di persone. In Toscana ci sono oltre 85 mila soggetti affetti da demenza, ossia l’8% della popolazione anziana (composta da 950.000 persone).

“La demenza - prosegue Benvenuti, - ahimè non si cura con i farmaci. Ci sono molte ricerche sul campo della terapia biologica, immunitaria. Ma al momento l’Alzheimer non si cura. Abbiamo però dei farmaci che possono rallentare la progressione della malattia. In questo senso, fondamentale è la diagnosi precoce. L’unica certezza è che il supporto alla famiglia, la terapia comportamentale e la riabilitazione cognitiva rappresentano il vero atto terapeutico, per far sì che i sintomi siano meno severi”.

Quali sono i campanelli d’allarme?

“Non appena il paziente si rende conto di avere delle défaillance ed il fatto viene confermato dai familiari. Una modifica delle proprie abitudini deve far pensare. Un esempio? Una donna che ha sempre cucinato molto e che tutto a un tratto smette. Altri esempi? C’è chi va a riscuotere la pensione e poi non si ricorda dove l’ha nascosta… Oppure dimentica ciò che gli è stato detto poco prima. In caso di forte disturbo, si arriva a non ritrovare la propria casa, in particolare nel pomeriggio”.

Parliamo della diagnosi.

“E’ importante che sia precoce per una tempestiva azione farmacologica, tesa a rallentare lo sviluppo della malattia e ad inserire il paziente nei servizi, graduati a seconda del livello di gravità. I malati, nella fase iniziale, possono migliorare con delle attivazioni cognitive. Quando la malattia avanza, esiste il supporto farmacologico fatto di psicofarmaci, per tenere più tranquillo il malato. L’obiettivo principale, non essendoci una cura, è il contenimento del disturbo comportamentale, che si concretizza in agitazione e aggressività”.

Da dove possono arrivare gli aiuti non farmacologici per i malati di Alzheimer?

“C’è la possibilità di seguire percorsi museali con operatori esperti. Insomma, un aiuto può arrivare dalla bellezza dell’arte. E poi la musicoterapia, la pet therapy. Fondamentale è poi tener conto del vissuto delle persone, per tarare programmi ad hoc”.

È possibile prevenire questa malattia così terribile?

“No. Non si può prevenire in alcun modo. C’è una familiarità. Si può rallentarne l’esordio attraverso una vita intellettualmente attiva. Chi ha poi un’alta scolarità manifesta inizialmente il disturbo cognitivo più tardi e in modo meno severo”.

 

Elettra Gullè