Almanacco del giorno: 17 ottobre 1912, nasce Albino Luciani. Il Papa dei 33 giorni

La storia del ‘Papa del sorriso’, che presto sarà beato, e dell’anno dei tre Papi

Papa Luciani

Papa Luciani

Firenze, 17 ottobre 2021 - Tre, il numero magico e perfetto. Trentatrè come gli anni di Cristo, che a trent’anni inizia la sua missione evangelica. Tre, come gli anni di cui i Vangeli raccontano tutto ciò che compì Gesù. Trentatrè, come i giorni in cui Papa Luciani fu Pontefice.

Albino Luciani nacque il 17 ottobre 1912 nel Bellunese, a Forno di Canale, come si chiamava allora l’odierna cittadina di Canale d’Agordo. Dal primo matrimonio del padre con Rosa, defunta per tubercolosi, erano nati tre figli, tutti di nome Albino e tutti morti dopo il parto. E altre due figlie sordomute, di cui una divenne suora. Nell’udienza del 3 settembre Luciani  1978 dirà: “È stato ricordato dai giornali che la mia famiglia era povera. Posso confermarvi che durante l’anno dell’invasione ho patito veramente la fame, e anche dopo. Almeno sarò capace di capire i problemi di chi ha fame!”.

Scelse di abbracciare la vita sacerdotale da bambino e a soli 11 anni entrò in seminario. Fu ordinato sacerdote il 7 luglio 1935. Il 27 febbraio del 1947 si laureò in Teologia alla Pontificia Università Gregoriana di Roma con una tesi piuttosto audace a quel tempo, su ‘L’origine dell’anima umana secondo Antonio Rosmini’, autore di due opere messe all’Indice e che all’epoca non era stato ancora del tutto riabilitato dalla Chiesa.

Al giovane Luciani venne erroneamente diagnosticata una tubercolosi incurabile, per cui fu costretto a lasciare la parrocchia. In realtà, si trattava di polmonite. In ogni caso, la proposta di nominarlo vescovo venne respinta per ben due volte a causa delle sue condizioni di salute. Fu Papa Giovanni XXIII, il 15 dicembre del 1958, a promuoverlo vescovo di Vittorio Veneto, sentenziando bonariamente: “…vorrà dire che morirà vescovo”.

Invece Albino Luciani morirà Papa. E quei suoi 33 giorni sul soglio di Pietro saranno contrassegnati da diverse circostanze insolite, se non uniche. A cominciare dal fatto che il conclave da cui uscirà Pontefice durò un solo giorno: venne eletto al quarto scrutinio “quasi all’unanimità”, come disse lui stesso poco più tardi. Le schede a suo favore saranno 101 su 111. Era il 26 agosto 1978 e al momento della proclamazione il patriarca di Venezia rimase impietrito, quasi angosciato dal peso schiacciante di quell’enorme responsabilità. Eppure il suo destino gli era stato annunciato sei anni prima, precisamente il 16 settembre 1972, quando al termine della messa, il suo predecessore Paolo VI, in visita pastorale a Venezia, fece un gesto premonitore: si tolse la stola papale, e dopo averla mostrata alla folla di fedeli presenti in piazza San Marco, la pose sulle spalle di un imbarazzatissimo Luciani, che pochi mesi dopo venne nominato Cardinale.

La sera della proclamazione del ‘Papa del sorriso’ avvenne anche qualcos’altro di strano: alle ore 18 e 24 minuti, i fedeli riuniti in piazza San Pietro non videro nessuna fumata bianca alzarsi dal comignolo della Sistina, ma una densa fumata grigio-nera. Per questo motivo, in molti pensarono che il Papa non fosse stato ancora eletto. Invece, qualche minuto più tardi il cardinale Pericle Felici si affacciò alla loggia centrale di San Pietro pronunciando la formula «Habemus Papam». Comparve allora l’esile figura di Albino Luciani, che avrebbe desiderato fare un breve discorso ai fedeli, ma, come gli fece notare il cerimoniere, non era possibile. Si limitò allora a impartire una benedizione, con una gestualità non studiata ma semplice, come farebbe un parroco la domenica a fine messa. Dopo cinquanta giorni sarà il suo successore Papa Giovanni Paolo II a infrangere la tradizione, rivolgendo un saluto alla folla.

Seppur nella sua drammatica brevità, che in quello di Luciani c’erano tutte le premesse di un pontificato rivoluzionario, lo si capì subito. Fu infatti lui il primo, nella millenaria storia della Chiesa, a scegliere un doppio nome: Giovanni Paolo I. Una scelta che, tra lo sconcerto dei più, motivò così: “Per continuare l’opera di Paolo VI, nella scia già segnata con tanti consensi dal grande cuore di Giovanni XXIII”. Fu il primo Papa a non usare nei discorsi il pluralis maiestatis, rivolgendosi ai fedeli in prima persona. Non si fece incoronare: scorporò la tradizionale cerimonia dai millenari orpelli quali il triregno, la corona papale, la sedia gestatoria, il trono. “Io non sono un re – dirà Papa Luciani – sono un padre, un fratello e desidero essere trattato come padre e fratello di tutti”. È, ad oggi, l’ultimo Papa italiano e il suo pontificato è stato tra i più brevi nella storia della Chiesa cattolica. Nei suoi trentatré giorni tenne solamente quattro udienze generali: parlò di umiltà, di fede, di speranza, di carità, recitò una poesia di Trilussa, fece avvicinare un bambino con cui dialogò a braccio.

Per immaginare quanto rivoluzionario sarebbe stato il suo pontificato, bisogna rivolgere uno sguardo agli anni in cui è stato Vescovo. Negli anni Sessanta, Luciani iniziò a conoscere la Chiesa cattolica in Africa, inviando tre missionari dalla propria diocesi: ed è stato in quella occasione che, in netto anticipo sul Concilio Vaticano II, concesse loro non solo il permesso di poter celebrare la messa nella lingua locale e non in latino, ma anche quello di distribuire la comunione ai fedeli per mano e non per bocca per motivi igienici. Nel 1966 si trovò ad affrontare un episodio molto particolare nella storia della Chiesa, lo “scisma di Montaner”. Il 13 dicembre 1966 a Montaner, in provincia di Treviso, morì il parroco don Giuseppe Faè. I fedeli proposero l’elezione a nuovo parroco del cappellano Antonio Botteon. Il vescovo Luciani disse che i parroci non potevano essere eletti dal popolo, e nominò la persona che lui aveva scelto. La decisione venne rifiutata da una parte dei cittadini, che costituirono un comitato e poi murarono le porte e le finestre della chiesa e della canonica, per impedire al cappellano Botteon di andarsene. La situazione diventò molto tesa, i Carabinieri presidiavano il paese. A un certo punto arrivò Luciani che entrò in chiesa, prelevò le ostie consacrate e se ne andò, dicendo che da quel momento in poi nessun prete avrebbe più potuto celebrare la messa. I parrocchiani dissidenti risposero con uno scisma: abiurarono il cattolicesimo e costituirono in paese una comunità ortodossa.

Il numero 3 ritorna e contraddistingue il 1978, passato alla storia come l’anno dei tre Papi. Quello che, nell’arco di meno di due mesi, vide prima la scomparsa di Montini, il Papa che aveva portato a termine il Concilio e negli anni successivi aveva duramente sofferto per tenere unita la Chiesa;  il 26 agosto l’ascesa al soglio petrino di Albino Luciani, il ‘Papa del sorriso’, che però vi rimase per soli 33 giorni. E infine l’elezione di Giovanni Paolo II, il polacco Karol Wojtyla, primo Papa straniero dopo oltre quattro secoli e mezzo, e primo Papa proveniente da un Paese dell’Est a regime comunista. Che guiderà la Chiesa in uno dei pontificati più lunghi e densi della storia, durato quasi 27 anni, traghettando la barca di Pietro verso il Terzo Millennio. È invece di questi giorni la notizia che Papa Luciani sarà beato: Papa Francesco ha infatti autorizzato la Congregazione per le Cause dei Santi a promulgare il decreto riguardante il miracolo attribuito all’intercessione del Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo I. La guarigione, avvenuta il 23 luglio 2011 a Buenos Aires, di una bambina di 11 anni affetta da una grave encefalopatia e ormai in fin di vita.

La mattina del 29 settembre 1978, la notizia inaspettata della prematura morte di Papa Luciani piombò nelle case degli italiani tra sconcerto, incredulità e sconforto. Le ipotesi complottiste, alimentate da errori, inesattezze e omissioni nelle comunicazioni del Vaticano, seminarono dubbi in base alle riforme programmate da papa Luciani all’Istituto delle Opere Religiose. Al netto dei presunti misteri, resta ancora oggi nel cuore di molta gente la nostalgia del suo sorriso, che in un mese seppe conquistare il mondo intero. Un sorriso che era nei suoi buongiorno del mattino e nelle preghiere della sera. Capace di rincuorare gli afflitti, accogliere i dimenticati, parlare ai bambini e avvicinare i cuori della gente.

 

Nasce oggi

Arthur Miller nato il 17 ottobre 1915 a New York. Drammaturgo, scrittore, giornalista e sceneggiatore, il suo ‘Morte di un commesso viaggiatore’ è una delle pietre miliari del teatro americano. Ha detto: “Ti specializzi in qualcosa, e un bel giorno trovi che quella cosa si è specializzata in te”.

 

Maurizio Costanzo