Almanacco del giorno: 6 ottobre 1924, la radio è realtà. La prima trasmissione d’Italia

Storia della ‘scatola magica’ che in questi 97 anni ha portato notizie, intrattenimento e musica nelle case degli italiani

Radio d'epoca

Radio d'epoca

Firenze, 6 ottobre 2021 - Fedele e discreta compagna del quotidiano, capace di parlare a ciascuno senza però avere la pretesa di avere tutti per sé. La si può ascoltare da soli o in compagnia, anche distrattamente, mentre si guida, si cucina o si pensa ad altro. Come sottofondo sotto la doccia o nelle cuffiette alla fermata del tram. È capace di parlare al grande pubblico, creare un’intimità collettiva e instaurare quasi un legame d’amicizia e complicità con ogni ascoltatore. È la radio, che rende liberi persino di immaginare, dal timbro della voce, le fattezze del conduttore, che non si vede ma si ascolta soltanto.

Prima con l’avvento della tv e poi con il web, in tanti l’avevano data per spacciata. Invece ancora oggi, in un’epoca di bulimia mediatica, la radio non solo è viva e vegeta, ma pur essendo un mezzo ‘antico’, ha ancora un grande futuro davanti a sé. La sua storia in Italia inizia il 6 ottobre 1924, quando, in pieno Ventennio, la prima voce esce dai mega-apparecchi - predecessori di quelli più piccoli a transistor - svelando a tutti la rivoluzionaria potenza dell’invenzione di Guglielmo Marconi. È stata la violinista Ines Viviani Donarelli a dare l’annuncio del concerto inaugurale, mentre Maria Luisa Boncompagni è passata alla storia come la prima ‘signorina buonasera’. In quel momento la Rai non c’era ancora, la concessionaria era l’Unione Radiofonica Italiana (poi Eiar), e l’Agenzia Stefani l’unica fonte di notizie. Con le cronache del regime, negli anni ‘30, nacque la diretta e lo sport invase le case degli italiani: Nicolò Carosio accompagnerà la Nazionale alla vittoria dei Mondiali di calcio del ‘34 e del ‘38. C’è anche lui, nel ‘59, quando parte ‘Tutto il calcio minuto per minuto’, trasmissione immortale che raggiunge i 25 milioni di ascoltatori, rendendo indelebili le voci, tra gli altri, di Enrico Ameri, Beppe Viola, Nando Martellini e Sandro Ciotti.

Tutti figli della radio, come Nunzio Filogamo, che nel ‘34 esordì nella rivista ‘I quattro moschettieri’ con la celebre frase: “Miei cari amici vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate!”. Antesignano dei presentatori, dal ‘51 condurrà le prime quattro edizioni del Festival di Sanremo, all’epoca trasmesse solo in radio, almeno fino al ’55, quando partirà la diretta tv. Sono quelli gli anni in cui la radio si apre a nuovi generi e il 7 maggio del ‘45, giorno in cui un ufficiale destinato al giornalismo, Jader Jacobelli, dà per primo in Europa la notizia dell’Italia liberata, è oramai solo un lontano ricordo. Sarà Francesco Cossiga il primo collaboratore non militare della radio postbellica, ma ben presto Giulio Andreotti gli farà compagnia. Nel ‘49 vede la luce la Rai e in brevissimo tempo gli studi di via Asiago diventano un simbolo.

Con l’arrivo dei tre programmi nazionali, nascono Radiosera, primo giornale radio moderno, le rubriche di approfondimento, tra cui ‘Ciak’ di Lello Bersani, e il varietà con ‘Il Rosso e il nero’. Sono gli anni in cui emergono Enzo Biagi, Sergio Zavoli e Indro Montanelli che dal ‘58 racconterà la storia del nostro Paese. Enzo Tortora conduce invece il primo contenitore, ‘Il signore delle 13 . Nel frattempo muovono i primi passi Alberto Sordi, con i personaggi di Mario Pio e del Conte Claro, e Franca Valeri con la sua Signorina Snob. L’intrattenimento conquista le case: nel ‘66 arriva ‘Gran Varietà’, per anni considerato dalle famiglie l’appuntamento irrinunciabile della domenica mattina. Poi tocca a un altro programma che ha fatto la storia, ‘La corrida’ di Corrado. La programmazione culturale trova il suo apice nel ‘73 con le ‘Interviste impossibili’, realizzate da intellettuali come Umberto Eco, Edoardo Sanguineti, Italo Calvino. Sono anni in cui la censura è ancora forte in Rai, mentre persino Radio Vaticana trasmette brani vietati come ‘Dio è morto’ di Francesco Guccini.

La metà degli anni ‘70 è uno spartiacque: sulla scia delle rivolte studentesche, inizia l’epoca delle radio libere, celebrate nel film di Ligabue ‘Radiofreccia’. È l’Emilia Romagna la patria delle prime stazioni, le più innovative, che ben presto però conosceranno un vero boom in tutto lo stivale. Molte emittenti sono connotate politicamente, come Radio Popolare a Milano (dove negli ‘80 nasce la Gialappa’s) e Radio Onda Rossa a Roma, la cui storia è legata a doppio filo a quella della sinistra extraparlamentare. In Sicilia Peppino Impastato paga con la vita lo spirito di libertà di Radio Aut, che utilizza per scagliarsi contro i mafiosi della sua città. Emerge anche Radio Radicale, che si afferma come servizio pubblico alternativo alla Rai. Lo stile delle radio libere è fresco e soprattutto meno ingessato. Alla fine anche la Rai sarà costretta ad allinearsi alle nuove tendenze, che già avevano fatto breccia con Radio Montecarlo, in grado di trasmettere dall’estero. Sono figlie di questo clima ‘Alto Gradimento’ e prima ancora ‘Bandiera Gialla’, trasmissioni con cui Renzo Arbore e Gianni Boncompagni rivoluzionarono, di fatto, il modo di fare radio.

Sfogliando l’album dei ricordi, si arriva a ‘Chiamate Roma 3131’ , con cui la Rai apre anche alle telefonate degli ascoltatori. La partecipazione del pubblico è centrale nelle radio libere, che spesso sono proprietà di cooperative e si reggono sul lavoro dei volontari. Uno spirito che negli anni andrà perdendosi, con la programmazione che diventa sempre più commerciale. La musica intanto diventa predominante per riempire i palinsesti, e non è un caso che proprio in radio, come dj, iniziano la carriera star come Jovanotti e Vasco Rossi. Il resto è storia recente: si affermano emittenti come Rtl 102,5, Radio Dj, Radio 105, Rds e trasmissioni come ‘Lo Zoo di 105’ , ‘Deejay chiama Italia’, i programmi di Amadeus e Albertino, capaci di miscelare canzoni e intrattenimento, o come ‘La Zanzara’ e ‘Un Giorno da pecora’, irriverenti e ironiche. È così che la radio continua a vivere, attirando milioni di ascoltatori, tra cui molti giovanissimi. Un pubblico che invece le tv generaliste vanno invece pian piano perdendo.

Da quel 6 ottobre 1924 ad oggi, molte cose sono cambiate. In un’epoca nella quale ancora non esistevano telefoni cellulari, e le notizie non potevano certo passare attraverso internet alla velocità di un click, la radio è stato il mezzo prioritario per ricevere notizie in tempo di guerra ad esempio, grazie a Radio Londra. In questi 97 anni ha portato non solo le notizie, ma anche l’intrattenimento e la musica nelle case degli italiani. Ha dimostrato che il ruolo di sorella minore della televisione le sta stretto, essendo un mezzo nobile e autosufficiente. Ha accompagnato e raccontato mode e tempi, visto crescere generazioni, fatto compagnia a milioni di persone. E anche se negli anni sono cambiati presentatori e palinsesti, è rimasta fedele alla sua missione originaria: quella di essere portatrice di parola e contenuto. Sta forse in questo il successo e l’eterno fascino di questa scatola ‘magica’, che dei suoi protagonisti cela i volti e svela le voci. E forse anche il cuore.

Nasce oggi

Ivan Graziani nato il 6 ottobre 1945 a Teramo. Cantautore e chitarrista, è stato il primo a unire in Italia cantautorato e rock. Autore di canzoni capolavoro, ha voluto essere sepolto con una Gibson che lui chiamava “mamma chitarra”. Ha detto: “Se un giorno non dovessi suonare più mi metterei a incartare caramelle. Sono uno specialista. Ma io non smetterò. Un vero chitarrista muore, deve morire sul palco”.