Firenze, 8 giugno 2014 - MATTEO RENZI deve stare attento a non dilapidare il patrimonio di fiducia che gli italiani gli hanno consegnato due settimane fa (oggi si vota ancora, per i ballottaggi, ma la tendenza è segnata). Non è tipo da cadere nella trappola, però la giungla della politica è affollata di leoni pronti a sbranare anche Tarzan. Se non si sbriga, il premier rischia di ammalarsi del morbo di cui ha meno colpa - anzi: per nulla - perché quel mondo affaristico che lo produce è lontano dalla galassia renziana: la corruzione. Più il tempo passa e le procure aprono inchieste a raffica, più il premier-Tarzan viene rincorso dall’ansia popolare di veder finire questo scempio della moralità ma soprattutto questo correre di soldi verso tasche sbagliate, mentre potrebbero servire per alleggerire tante altre difficoltà (declinare nella categoria “sprechi”). La gente si aspetta provvedimenti organici seri che facciano diga al malaffare. Per ora, parole e slogan. Già oggi la legge prevede la revoca degli appalti sospetti, salvo però esporre a ricorsi e sequestri che bloccano le opere per anni, mettendo in crisi amministrazioni, imprese e lavoratori.

E’ UN PROBLEMA serio, che divide Renzi e lo stesso magistrato al vertice dell’Autorità anticorruzione. Se ne può uscire con un’idea - quella del pd Mucchetti? - magari di commissariare le ditte corruttrici per consentire di tenere aperti i cantieri. L’affanno e il rumore nel rincorrere rimedi urgenti, comunque generano diffidenza, perché sono un film già visto e perché le leggi da far rispettare, in fondo già ci sono. Siamo travolti dal solito sistema «al lupo, al lupo», che Renzi - altro che riforma del Senato! - ha poco tempo per cambiare. Per conto nostro ci sarebbe da installare anche un presidio locale, a garanzia di interventi esposti al vento tangentizio e, appunto, nel rispetto delle leggi: dove c’è un appalto, ormai dovremo presumere un pericolo. Allora, perché non affiancare gli organismi amministrativi che controllano gare e concessioni, con una autorità - regionale o comunale - legata alla magistratura e alla Guardia di finanza, una specie di tutor? D’altra parte l’emergenza è così drammatica da giustificare provvedimenti eccezionali e fuori dalle dinamiche ordinarie. Ben attenti che questa figura sia dotata di un potere reale (non importa che sia “super”), non un soprammobile a guardia formale dei maneggi politici. Fra i nuovi sindaci - superata la fregola degli inutili «assessori alla trasparenza» - qualcuno si è messo accanto un consulente per la legalità (a Firenze il neosindaco Nardella ha chiamato l’ex procuratore Giuseppe Quattrocchi; già Renzi, a Palazzo Vecchio, aveva consegnato a Piero Luigi Vigna, in pensione, un incarico mai diventato operativo, tanto che Vigna se ne andò polemico) un gesto che non può limitarsi all’immagine. E’ un problema di moralità italiana ma sconfina pesantemente in Europa dove siamo diventati, dopo il voto di due settimane fa, azionisti più considerati e capaci di domare lo scetticismo. L’Europa non si aspetta che Renzi cambi in sei mesi di presidenza a Bruxelles, gli effetti ingombranti del sistema Merkel, cioè il rigore tedesco assurto a eurominaccia, ma che prosegua e porti a casa le riforme che ha promesso in Italia. Basterebbe questo per consacrare al successo il semestre azzurro, che l’onda nera di Expo e Mose rischia già di inquinare.