Pisa, 20 aprile 2014 - «MA QUALE branco, ma quali balordi di periferia... Mio figlio è un ragazzo mite, non ha protetto nessuno se non se stesso per timore di un linciaggio». A parlare è Giuseppe Tabbita, padre di Simone, l’amico denunciato per favoreggiamento. Secondo la ricostruzione degli inquirenti il giovane 22enne cascinese avrebbe protetto Hamrouni Hamza dalla reazione degli altri bengalesi dopo il pugno. «Il suo è stato istinto di sopravvivenza. E’ scappato e non si è reso conto di quanto grave fosse il bengalese».

L’identikit di un branco violento, di ragazzi in cerca di rissa il padre di Simone non lo accetta. «Hamrouni non lo conosco personalmente, so che è un amico di mio figlio. Che si vedevano spesso al bar e che recentemente uscivano insieme. Un ragazzo perfettamente integrato, un lavoratore senza precedenti penali. E’ normale che abbia pensato ‘sono tunisino, ora mi mettono dentro e buttano le chiave’. E preso dal panico è scappato». Anche la descrizione che il padre fa del figlio corrisponde a quella di coloro che lo conoscono e che sono rimasti increduli di fronte alla notizia che fosse coinvolto in questa brutta vicenda. «Simone era in disparte, si vede chiaramente anche dal video. Neanche lui sa cosa è scattato nella testa di Hamrouni prima di quel pugno, forse uno sguardo storto. E’ stato un gesto stupido, criminale lo è diventato dopo quando, mi sembra di capire, a causa della botta in terra, è morto. E loro non si sono resi conto della gravità. Più tardi sono passati di lì e non c’erano forze dell’ordine. Per loro era finita lì».

LA DURA realtà i ragazzi se la sono visti sbattere in faccia martedì mattina quando è stata data la notizia della morte. «Aveva un viaggio già prenotato per andare a Roma dalla ragazza. Poi ha avuto paura di non poterla più vedere ed è partito». La prima a rendersi conto che Simone poteva essere implicato nella vicenda è stata la mamma. «Ha visto le immagini e ha capito. Me lo ha detto giovedì sera e io ho chiamato Simone e la Questura. Nel frattempo anche gli inquirenti ci avevano rintracciato». Ma cosa sia successo davvero prima di quel pugno neanche Simone sembra saperlo. «Non avevano bevuto, mio figlio guidava e ci sta molto attento. Anche a casa non beve neanche un bicchiere se poi sa che deve guidare. E mi ha detto di non sapere cosa sia passato per la testa ad Hamrouni in quel momento, ha chiesto ma non ha avuto spiegazioni. Lui dal canto suo ha visto il tafferuglio e se ne è andato per non restare coinvolto». E le aggressioni avvenute dopo? «Ma no, c’è stato un litigio tra Hamrouni e un altro del gruppo per una ragazza.

Ma quale scorribanda violenta...». Il padre non è preoccupato per il procedimento legale. «Il capo di imputazione è temporaneo. E comunque il problema più grave non riguarda noi ma la famiglia del giovane morto. Avrei voluto andare anche alla manifestazione ma ero in Questura. Siamo solidali in tutto e per tutto alla famiglia anche se non siamo in alcun modo responsabili di quello che è successo. Siamo costernati e se potremo aiuteremo la famiglia. Mio figlio lavora ma ha un contratto in scadenza, io uguale, speriamo di non avere conseguenze. La nostra è una situazione precaria ma se ci sarà possibile sicuramente saremo a disposizione per aiutarli».