di LAURA NATOLI

Prato, 24 marzo 2013 - Stefano&Stefano. Perfino il nome è lo stesso. Fanno lo stesso lavoro (uno è il capo dell’altro), amano viaggiare e presto saranno sposi. Galeotto fu... il Comune dove entrambi lavorano da dieci anni. «Ci siamo conosciuti lì e fu amore a prima vista», spiegano i due ragazzi. Adesso è giunto il momento del gran passo: scherzano mentre annunciano il loro matrimonio che si celebrerà a New York il 22 aprile. «Purtroppo in Italia non è possibile per una coppia gay convolare a nozze.

Così facciamo un passo ‘lungo’ fino a New York». Il fatidico «sì» sarà pronunciato dai pratesi Stefano Lastrucci, 39 anni, e Stefano Tomassoli, 30 anni, proprio nella Grande Mela dove in 24 ore dal rilascio della licenza matrimoniale è possibile sposarsi in municipio. Il tutto sarà in diretta streaming sul loro sito: www.ioeste.it.
Stefano e Stefano, perfino il nome uguale.
«Sì, davvero curioso. Lui, quello ‘vecchio’ — scherza Tomassoli — è ‘Oh’ oppure Ste. Il mio soprannome, invece, è Tommy. Mi chiamano anche ‘Stefano basso’. Sono 1,85, ma lui è ben 1,97. Difficile batterlo».
Come vi siete conosciuti?
«Al lavoro», rispondono in coro sorridendo. «Lui è il mio capo», aggiunge Tomassoli.
Fu subito amore.
«Sì, visti e presi.... Da allora viviamo insieme».
Perché è arrivata ora la decisione di sposarvi?
«Ci sembrava una tappa fondamentale per mettere un punto fermo al nostro rapporto. D’altronde è un desiderio normale per chiunque sta insieme».
Non era più semplice andare in Spagna dove si possono celebrare i matrimoni gay?
«Era più vicino... Per sposarsi in Spagna è necessario che almeno uno dei due coniugi abbia la residenza e visto che Stefano non ha concesso a Stefano di vivere per tre mesi a Ibiza... abbiamo dirottato su New York».
Nella carta d’identità che avete messo sul vostro sito scrivete: «celibe per poco», ma «per sempre» per lo stato italiano. Ha senso sposarsi lo stesso dal momento che vivete a Prato?
«Noi l’atto formale lo faremo ugualmente. Quando torneremo dal viaggio di nozze andremo al Consolato per fare la trascrizione della licenza di matrimonio. Ci prenderemo una risposta negativa ma almeno lo faremo mettere agli atti».
Vi sposate anche per una questione di principio? Per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dei matrimoni gay?
«Certo. E’ importante che anche in Italia si combatta questa battaglia di civiltà. Non ci sembra giusto che solo agli eterosessuali venga concesso il diritto di sposarsi. Purtroppo, in Italia c’è ancora molto da fare».

Siete super organizzati. Avete un sito internet dove annunciate il matrimonio e dove sarà possibile, il 22 aprile, seguire in diretta la cerimonia.
«Un modo diverso dalle consuete partecipazioni.... Vogliamo che tutti sappiano del matrimonio e il web è sicuramente il modo più veloce».
Chi verrà con voi?
«Siamo in 19 a partire. Amici e i quattro testimoni».
I vostri genitori?
«Non vengono solo perché non hanno mai preso l’aereo. Hanno paura. Ma ci seguiranno sul web se la linea telefonica ce lo permetterà».
Poi grande festa al ritorno?
«La faremo prima, il 14 aprile con parenti e amici. Una festa con oltre cento invitati».
Avrete il congedo matrimoniale al lavoro?
«Ne stiamo discutendo con i nostri capi in Comune. La volontà di darcela ci sarebbe, ma purtroppo la legge non lo consente».
Poco tempo fa, però, Publiacqua concesse la licenza matrimoniale a una coppia gay. Ne seguirono anche diverse polemiche.
«E’ un’azienda privata, sono più liberi. Un ente pubblico ha le mani legate. Lo capiamo benissimo e da parte dei nostri datori di lavoro c’è disponibilità. Ancora non ci hanno dato una risposta. Teniamo le dita incrociate».
Vi piacerebbe avere figli?
«Tantissimo. Vorremmo adottarli o averli in affido. Ma in Italia a una coppia gay non è concesso neppure fare questo. Eppure ci sono tantissimi bambini nel mondo che muoiono di fame».
Poco tempo fa, è uscita la notizia di una coppia gay di Poggio a Caiano che ha avuto due gemelli grazie all’utero in affitto. Non ci avete mai pensato?
«Non siamo d’accordo».
Perché?
«Donazione degli ovuli, utero in affitto: ci sembra troppo complicato. Preferiremo aiutare bambini che non hanno nulla. Oltre al costo che non è da poco. Figli ne vogliamo. Vedremo quale strada sarà percorribile».