Siena, 10 gennaio 2013 - «Li ho lavati due volte. Non troveranno mai le tracce. E poi io con il vino ci ho sempre lavorato. Posso essermi sporcato in mille altre situazioni». Andrea Di Gisi, 39 anni, romano era sicuro. Più che sicuro, di farla franca. Un lavaggio e via. Così, come tutto quel Brunello sversato nelle fogne dell’azienda Casse Basse di Montalcino del produttore Gianfranco Soldera dove aveva lavorato fino a pochi mesi prima. Un ‘sabotaggio’ per vendetta. Ma, a volte, la lavatrice non basta a cancellare le macchie.

Figuriamoci a cancellare le parole. Già, perché mentre Di Gisi parlava, a ruota libera, e chiedeva al nipote consigli su come smacchiare quei jeans, ad ascoltarlo c’erano già i carabinieri. Non erano ancora passate 48 ore dalla sera del 2 dicembre e lui era finito, dritto dritto, sotto i riflettori degli investigatori. Neanche il tempo di disfarsi dei panni sporchi (ritrovati all’interno della lavatrice della sua abitazione di Torrenieri) e una cimice era stata installata nella sua auto.

Così dopo neanche due settimane era finito in carcere. Ora, a breve comparirà davanti al giudice per essere processato con rito immediato. A chiederlo è il pm Aldo Natalini della Procura di Siena. Una decisione che arriva all’indomani del provvedimento con cui il Tribunale del Riesame ha respinto la richiesta di scarcerazione avanzata dall’avvocato difensore del Di Gisi. Un’ordinanza di rigetto quella del Riesame che riconosce a carico dell’ex dipendente di Case Basse i reati di sabotaggio aziendale aggravato e di violazione di domicilio, «compiuti con dolo» scrive il giudice che l’ha firmata.

Non solo. Nell’ordinanza si riconosce anche l’elevata indole delinquenziale evidenziata — sempre secondo il magistrato — «dalle minacce di morte» rivolte nei confronti del custode dell’azienda di Montalcino che, proprio a seguito di tali minacce ha avuto dei seri problemi di salute costringerlo ad un periodo di ricovero in ospedale. Tutto questo, unito ai numerosi elementi di colpevolezza raccolti nel corso delle indagini hanno quindi portato il pubblico ministero Natalini, appunto, a chiedere il processo immediato.

Tommaso Strambi