Firenze, 4 ottobre 2011 - Se l'America ha mostrato perplessita' nei confronti della giustizia italiana riguardo alla condotta del Tribunale di Perugia sul caso Meredith, molti sono i casi giudiziari dubbi che hanno coinvolto gli italiani all'estero, alcuni negli Stati Uniti. I dati della Farnesina sui detenuti italiani all'estero contano quasi tremila casi, distribuiti dall'India alla Repubblica Dominicana, dal Peru' al Brasile. L'America ha arrestato 426 italiani e di questi ne ha gia' condannati piu' della meta': 214.

Enrico Chico Forti e' uno di questi: 50 anni, trentino, campione di windsurf, produttore televisivo e cineoperatore d'assalto, sconta una condanna per l'omicidio di Dale Pike, figlio del proprietario dell'hotel di Ibiza che Forti
aveva acquistato. E' in carcere da quasi 12 anni: ha rischiato la sedia elettrica, ma gli hanno dato l'ergastolo, senza appello. Dal 15 giugno 2000, giorno del verdetto, Chico si dice vittima di un complotto.

Pike fu trovato morto in un boschetto che limita una spiaggia, a poca distanza dal parcheggio dove lui stesso aveva chiesto a Forti di accompagnarlo, dopo averlo prelevato all'aeroporto. La morte fu fatta risalire tra le ore 20 e 22 del giorno precedente, poco tempo dopo il suo commiato da Enrico Forti. 

Secondo la sentenza, non appellabile, Forti e' stato condannato all'ergastolo per "aver personalmente e/o con altra persona o persone allo Stato ancora ignote, agendo come istigatore e in compartecipazione, ciascuno per la propria condotta partecipata, e/o in esecuzione di un comune progetto delittuoso, provocato, dolosamente e preordinatamene, la morte di Dale Pike".

La storia di Forti e' legata a doppio filo all'omicidio di Gianni Versace, avvenuto il 15 luglio 1997, a Miami Beach, due chilometri in linea d'aria dal luogo dove, sette mesi dopo (il 15 febbraio 1998), fu trovato cadavere Dale
Pike, ucciso fra l'altro con lo stesso tipo di pistola che esplose i suoi colpi mortali contro Versace; due proiettili alla testa, come per Pike.

Altro caso dubbio, peraltro ricordato dallo stesso ministro degli Esteri, Franco Frattini, all'indomani della sentenza di condanna in primo grado dell'omicidio Meredith, e' quello Carlo Parlanti, manager informatico originario di
Montecatini Terme, accusato di stupro, violenza e sequestro di persona dall'ex compagna Rebecca Mckay White, con la quale conviveva negli Stati Uniti, il 4 luglio del 2004. Parlanti e' stato arrestato dalla polizia tedesca all'aeroporto di Duesseldorf, tenuto in carcere per 11 mesi e poi estradato in California. La vicenda, ricordano i tanti che si battono per la liberta' di Parlanti, e' kafkiana: durante il processo la White fornisce versioni dei fatti sempre diverse ed oggetto di continue ritrattazioni e revisioni, rese necessarie dalle controdeduzioni dell'avvocato della difesa e dalle richieste di chiarimenti da parte dell'accusa. A Parlanti non viene dato l'ausilio di alcun interprete: il 7 aprile 2006, la giuria popolare emette un verdetto di colpevolezza in ordine a tutti i capi di accusa.

''Il sistema giudiziario italiano fondato su tre gradi giudizio e' molto piu' garantista di quello americano, in cui, nella maggior parte dei casi, i processi si concludono in Prima Istanza perche' i pubblici ministeri spingono per il
patteggiamento, fanno accordi con gli avvocati difensori, che spesso non vengono neppure rispettati a scapito dell'imputato", sottolinea all'Adnkronos Katia Anedda, moglie di Parlanti e presidente dell'associazione 'Prigionieri del silenzio', che si occupa dei detenuti italiani all'estero.

"Sul caso di Chico Forti, condannato per omicidio e detenuto a Miami, sono emerse contraddizioni insolute nel corso delle indagini - spiega ancora Anedda - sulla vicenda di Carlo Parlanti, condannato per violenza sessuale,
le indagini non sono praticamente mai state fatte ne' e' stato convocato un grand jury". "Alcuni professionisti in Italia - aggiunge Katia Anedda - si sono occupati del caso, come il professor Mastronardi che ha scritto un libro (Stupro. Processi perversi. Il caso Parlanti, Armando editore, 2010), ma questo non ha prodotto nessun effetto sulla vicenda. Parlanti uscira' a febbraio 2012 e per la giustizia americana restera' colpevole del reato e non sara' possibile dimostrarne l'innocenza".

La vicenda di Silvia Baraldini, che sollevo' polemiche politiche, estradata in Italia nel 1999 e scarcerata nel 2006 per effetto dell'indulto, fu condannata nel 1983 negli Stati Uniti a una pena complessiva di 43 anni per la sua
attivita', secondo l'accusa, a sostegno del Black Liberation Army, che le valse le accuse di concorso in evasione, associazione sovversiva, due tentate rapine e ingiuria al tribunale.

In seguito alla sua condanna, a un regime carcerario particolarmente duro e a successivi problemi di salute, nacquero movimenti di sensibilizzazione, sia in Italia che negli Stati Uniti, a sostegno della tesi che la pena,
eccessivamente dura, era stata dettata da ragioni politiche. Particolarmente attivo per favorire l'estradazione della Baraldini in Italia fu l'allora ministro della Giustizia, Oliviero Diliberto.