Livorno, 20 settembre 2010 - «La partita doveva essere sospesa». Il ministro Altero Matteoli interviene così su quanto accaduto allo stadio Armando Picchi dove, in occasione della partita Livorno-Portogruaro, il minuto di raccoglimento in memoria di Alessandro Romani è stato rotto da fischi e ignobili offese di un gruppo di tifosi.

 

Sospendere la partita e squalificare il campo, rincara Emiliano Baggiani presidente dei Circoli della Libertà che ieri ha fatto consegnare un mazzo di fiori alla caserma Vannucci dove prestava servizio il militare ucciso. «Questa vicenda ci rende sempre più convinti — scrive Baggiani — che da noi esista un network dell’odio che collega la curva calcistica, i centri sociali e alcuni partiti di estrema sinistra col sostanziale avallo dell’amministrazione guidata da Cosimi».

 

Il gruppo consiliare del Pdl, guidato da Marco Taradash, ha firmato insieme al gruppo comunale di Empoli, una mozione per chiedere la condanna di quanto accaduto. «La verità è che devono smettere di fischiare, dice il sindaco. No, la verità è che il sindaco deve smettere di minimizzare e di garantire la sua paterna protezione agli autori di mascalzonate ignobili, ai protagonisti di gesti inqualificabili, a presuntuosi capobanda che hanno fatto della prepotenza uno stile di vita, e che vestono di fanatismo ideologico la loro nudità culturale». Sono pesanti le parole di Taradash: «Livorno deve dire basta a questo scandalo di inciviltà e intolleranza — continua il capogruppo del Pdl — e chiedere con fermezza ai chi governa la città di farla finita con la condiscendenza, la sottovalutazione, la tolleranza verso le forme più estreme di intolleranza verbale e fisica. Una delegazione del Pdl chiederà un incontro con i vertici militari della città per unirsi alle scuse di tutti i livornesi offesi dalla violenza e dalla grossolanità di certuni». Anche il Pdl di Collesalvetti, con il consigliere Paolo Simoni, punta il dito contro gli ultrà che hanno fischiato il parà ucciso. E chiede al sindaco Alessandro Cosimi di intitolare una via o una piazza al tenente Alessandro Romani.

 

Molti i messaggi di condanna da parte di cittadini che si dicono «offesi» da quanto accaduto. «A Livorno non si cambia — scrive Renato Roffi — si sente spesso affermare orgogliosamente, specie in tempo di elezioni e va detto che mai verità fu più granitica. Una quarantina di anni fa (1971) all’indomani del disastro della Meloria, sui muri dello stadio cittadino comparve una scritta quanto meno discutibile, di cui si occuparono le cronache del tempo: “Quarantasei paracadutisti morti, quarantasei sporchi fascisti in meno”. I fischi di oggi ricalcano con forza le scritte di ieri, con in mezzo le disdicevoli espressioni verso i fatti di Nassirija ed altre manifestazioni del genere. A Livorno, la curiosa città in cui i turisti vengono a fotografare avidamente le ultime scritte sui muri inneggianti a Stalin, tutto è rimasto immutato, anche lo stadio è lo stesso di allora, magari un po’ più brutto, dopo l’improvvido abbattimento della torre di Maratona. Che dire? Se è vero che le mamme degli imbecilli sono sempre incinte, la città più che di un ospedale nuovo, avrebbe bisogno piuttosto di un reparto maternità più grande».

 

«Non è piaciuta la dichiarazione del sindaco Cosimi dopo quanto accaduto allo stadio — scrive con amarezza un cittadino, Mario Pontil — anzi la considero offensiva nei confronti dello spirito delle Forze Armate. Non è (solo) questione di rispetto della vita umana come riduttivamente pensa il sindaco Cosimi, ma di ossequio a chi ha sacrificato la vita per compiere il proprio dovere, in una missione di pace al servizio della Patria e della comunità internazionale. Altro che mettere in dubbio il valore delle missioni all’estero! E’ così che si rischia di alimentare il dissenso e lo spregio di valori basilari per una società sana e aperta. Meglio del Sindaco si sono espressi quegli spettatori che hanno cercato di coprire i fischi con i loro applausi. Ma rimane il dubbio: Livorno e il suo Sindaco sono davvero vicini alle Forze Armate?»