Montale (Pistoia), 28 gennaio 2010 - Diossine e Pcb (policlorobifenili) sono stati riscontrati in due campioni di latte materno fatti esaminare a proprie spese dal Comitato contro l’Inceneritore di Montale. I campioni sono stati prelevati a due mamme residenti nella zona dell’impianto che dal luglio di tre anni fa restò chiuso per circa quattro mesi per emissioni di diossina in quantità sei volte superiori alle soglie consentite per legge. In base alle analisi effettuate, la somma di diossine e Pcb è risultata in entrambi i campioni superiore al limite di legge previsto per il latte bovino: 10 picogrammi per grammo di grasso in un campione: 9 picogrammi nell’altro contro un limite di 6 previsto per il latte delle mucche.

«Per il latte materno non c’è un limite di legge – dice la dottoressa Patrizia Genitilini, esperta consulente del Comitato – dunque non esiste nessun rischio che possa indurre le mamme a cessare l’allattamento. Resta però il fatto che il latte delle due mamme sarebbe stato respinto dalla Centrale del Latte che mai e poi mai lo avrebbe avviato alle nostre tavole».

 

Per il comitato il dato più significativo è che la composizione del Pcb rilevato nel latte materno è identica a quella del Pcb riscontrato da Arpat nei polli allevati nella zona (e a suo tempo risultati contaminati) e riscontrato nelle emissioni dell’inceneritore. I dodici sottotipi di Pcb rilevati sono presenti nella stessa proporzione. «Dunque – ne conclude Luigi Colangelo, presidente del Comitato – c’è una evidente correlazione tra le emissioni dell’inceneritore e la notevole quantità di Pcb rilevata negli animali e ora nel latte materno, al contrario di quanto asserito finora dalla Provincia».

Il comitato ha promosso le analisi al fine di mettere in luce le lacune negli esami condotti periodicamente da Arpat e Asl da quando, nel novembre 2007 l’impianto venne riaperto dopo la chiusura per diossina oltre i limiti di legge. Dalla riapertura scattarono da parte dell’Arpat complesse analisi sull’inquinamento del terreno e sugli organissmi degli animali, mentre l’Asl avviò un’indagine epidemiologica. Il tutto, sotto il monitoraggio del Tavolo Provinciale composto da amministratori e tecnici. Le analisi di Arpat rilevarono, tra l’altro, diossine oltre i limiti in 5 polli su 8 campioni esaminati e su un pesce gatto. Ma il grosso dell’inquinamento dipendeva dalla quantità considerevole di Pcb. Ciò indusse la Provincia ad escludere che l’inceneritore fosse il principale responsabile dell’inquinamento in quanto, come si legge in una relazione del giugno 2008, «i Pcb sono estranei ai processi di combustione e quindi non direttamente relazionabili alla presenza dell’impianto».

 

Da allora i Comitati sostengono che anche i Pcb derivano dall’inceneritore e con l’esame sul latte materno, sono convinti di averlo provato. Le analisi del Comitato sono state eseguite a spese dei cittadini (mille euro a campione) presso il «Consorzio Interuniversitario Nazionale la Chimica per l’Ambiente di Venezia». «I risultati non devono spaventare – spiega la dottoressa Gentilini– ed erano anche prevedibili dato che si sa che il latte materno contiene sostanze nocive. Qui però il profilo dei Pcb riscontrati nei campioni di latte è identico a quello emesso dall’inceneritore. Bisogna prender coscienza che sostanze inquinanti finiscono nel nostro corpo - compreso il latte delle mamme - ma nessun rischio è accettabile quando lo si può evitare».