Il fu Cantiere Navale dei quattro fratelli Orlando di Livorno, dalla sua costituzione ufficiale nel 1866, ha rappresentato il principale volano dello sviluppo economico e occupazionale della città dei 4 Mori, oltre al porto e alla raffineria. Ma a che prezzo per le migliaia di operai impiegati per la costruzione di navi civili e militari, sotto Fincantieri dal 1984? Altissimo, in termini di salute, dovuto storicamente all’assenza di dispositivi idonei di protezione dall’amianto, sostanza killer onnipresente dagli anni del dopoguerra nello stabilimento a due passi dallo Scoglio della Regina. Non a caso, la cantieristica navale è uno di quei settori in cui si registrano più casi di vittime d’amianto: solo le vittime di mesotelioma, stando al rapporto ReNaM dell’Inail, pesano per il 3% dei casi in Italia. Niente di nuovo sin qui, purtroppo. Se non, una segnalazione dell’Osservatorio Nazionale Amianto (Ona) rispetto a un sentenza del tribunale di Livorno che condanna Fincantieri al risarcimento a moglie e figli di oltre 500mila euro per la morte di un operaio deceduto all’età di 76 anni a causa di un cancro ai polmoni "di origine professionale" provocato proprio dall’amianto. Per 21 anni l’operaio ha svolto ricoperto mansioni di scalpellatore, manutentore e carpentiere, rimanendo "costantemente esposto alla fibra". Per volere "tassativo" della famiglia in questione, non è dato sapere il nome del 76enne, ma è l’Ona stesso a spiegare che "oltre alla manipolazione dell’amianto friabile per tutto il periodo di lavoro e senza essere dotato di dispositivi di protezione, l’asbesto era presente nei locali, negli impianti, nelle coibentazioni e nelle tubature. Questa costante esposizione è stata anche accertata dall’Inail che aveva già riconosciuto alla vittima i benefici previdenziali". Da qui, la condanna all’industria navalmeccanica a risarcire la moglie per i danni subiti per la perdita del compagno dopo 50 anni di vita insieme, e per i loro due figli come risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti dalla vittima.
La sentenza evidenzia come nel cantiere di Livorno "l’uso massivo di materiali contenenti amianto è andato riducendosi nella costruzione dalla metà degli anni ‘70, l’attività di riparazione ha comportato manipolazione di materiali contenenti amianto (Mca) e conseguente esposizione anche successivamente, dato che le navi in riparazione erano sempre più vecchie e provenivano da svariati cantieri di costruzione, anche esteri, che non necessariamente avevano interrotto l’uso di Mca". Per Ezio Bonanni, presidente di Ona e legale della famiglia, si tratta "dell’ennesima condanna a carico di Fincantieri che, oltre a violare tutte le misure di sicurezza, ha omesso di informare le maestranze che questo minerale fosse un killer, capace di provocare morte come purtroppo si è verificato". La battaglia di Bonanni e di Ona continua, affinché "tutti conoscano i danni che provoca l’amianto e perché sappiano che inalando questi veleni, senza precauzioni, si va incontro alla morte".
Francesco Ingardia