Pisa, miracolo in sala operatoria. Paziente vive con il 7% del fegato

I chirurghi dell’Azienda ospedaliero-universitaria asportano 55 metastasi in tre fasi successive. Adesso la giovane è guarita e sta bene

Il dottor Lucio Urbani di Aoup (a destra) durante un intervento chirurgico

Il dottor Lucio Urbani di Aoup (a destra) durante un intervento chirurgico

Pisa, 10 marzo 2022 - "La novità è stata considerare il fegato non come un solo organo, ma come se fossero due organi distinti. Così la rigenerazione della parte asportata doveva essere sostenuta dall’altra, seppure malata. Poi quando la ricrescita si è rivelata sufficiente, siamo intervenuti anche sulla seconda porzione di fegato". In questo modo, a tre mesi dal termine degli interventi chirurgici, una paziente toscana di 55 anni vive con il 7% del proprio fegato originario.

"Un’innovazione – osserva il chirurgo Lucio Urbani dell’Aoup – che apre un campo inesplorato". Una strategia chirurgica eseguita per la prima volta al mondo nelle sale operatorie dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana. La paziente, affetta da un tumore del colon sinistro non operabile per l’interessamento massivo del fegato, ha scelto di affidarsi al gruppo multidisciplinare della chirurgia epatica del risparmio d’organo dell’Aoup forte della "professionalità di oncologici, anestesisti, radiologi e tecnici di radiologia, dietisti, infermieri, operatori socio-sanitari con l’appoggio della direttrice generale Silvia Briani".

Proprio grazie all’interazione tra specialisti è stata intravista la possibilità del trattamento chirurgico in tre fasi. La buona risposta alla terapia farmacologica ha favorito così l’ipotesi di asportare tutte e 55 le metastasi, salvando una piccola parte del fegato.

"Eravamo di fronte – spiega ancora il dottor Urbani – a un paziente ‘estremo’, laddove non esiste una strada precisa e codificata. Tuttavia l’approccio interdisciplinare ci ha fatto intravedere una possibilità. L’oncologa di riferimento, la professoressa Chiara Cremolini, ha costantemente monitorato la risposta alla chemioterapia all’interno del gruppo multidisciplinare. Quindi siamo intervenuti. "Tecnicamente – continua Urbani – mi sono formato nella chirurgia dei trapianti e, coniugando i principi della chirurgia del risparmio d’organo introdotti dal professor Guido Torzilli con le tecniche di chirurgia vascolare ho dato vita ad un nuovo modo di concepire la chirurgia del fegato".

Realizzando dunque qualcosa che in medicina non si era mai visto. La paziente è stata sottoposta al primo tempo chirurgico, nel corso del quale è stata eseguita la bipartizione epatica asportando la parte centrale del fegato, associando la bonifica del fegato di sinistra con l’interruzione del flusso del sangue portale al fegato di destra. Dopo circa 3 settimane il volume del fegato residuo è quadruplicato, passando dal 7% al 28%, ma ancora lontano dal 40% necessario per assicurare le funzioni vitali, impedendo l’esecuzione del secondo tempo chirurgico. Che fare allora?

E’ stato deciso di eseguire un ulteriore intervento chirurgico ‘intermedio’ per asportare metà del fegato destro precedentemente ‘de-portalizzato’ e lasciato temporaneamente in sede con le metastasi. L’operazione è stata complessa sia per le aderenze infiammatorie sia per la necessità di ricostruire la vena sovraepatica. Dopo una settimana il volume del fegato residuo è aumentato, raggiungendo il volume pari al 41% ed è stato possibile eseguire l’ultimo tempo chirurgico (il terzo) per asportare definitivamente la parte di fegato malato e contemporaneamente rimuovere il tumore primitivo del colon sinistro. "La signora adesso sta bene – conclude Urbani – e questo dimostra anche il valore della sanità pubblica. Un simile trattamento, così complesso e dispendioso, è possibile solo in un contesto pubblico".