Zone a colori, ma Sanremo è per tutti

Amadeus saluta Laura Pausini collegata in video (Ansa)

Amadeus saluta Laura Pausini collegata in video (Ansa)

Firenze, 2 marzo 2021 - Forse era il 1981. Per la prima volta con Mauro Ciutini andammo al Festival di Sanremo inviati da numerose radio libere e private dell’epoca. Da Radio San Donà di Piave a Radio Azzurra a Palermo, passando dalla toscana Radio Emme, ancora viva! Durava 5 minuti il servizio personalizzato, otto collegamenti 300.000 lire, il compenso. Pezzo introduttivo il mio, interviste preregistrate ai cantanti e montaggio a cura di Mauro Ciutini. Alla regia Bruno Bacci mixava, come poteva, il mio intervento in diretta con le registrazioni, con un aggeggio improvvisato che era collegato al telefono di bachelite grigio dove le radio all’orario stabilito ci chiamavano. Un lavoro complesso, faticoso ma estremamente divertente per noi, tutti diplomati in tecnologia artigianale.

Poteva dirsi originale la nostra offerta, perché consentiva anche alle radio più piccole, di avere un loro inviato al Festival. Allora erano poche le radio accreditate, quasi assenti le televisioni, per questo potevamo intervistare tutti con calma e senza sgomitare. E la notte del dopofestival (non televisivo) capitava, come ci capitò, di cenare e chiacchierare con De Andrè che accompagnava Dori Ghezzi o con Loredana Bertè. Magari di bere una birra con Freddy Mercury  o assistere alle prove di Peter Gabriel che si schiantò anche sul palco dell’Ariston, aggrappato ad una fune, con la sua Shok the monkey. Preistoria. Un’emozione ed un lavoro immane, che ancora ricordo con nitida nostalgia. Io continuai per una decina di anni, Mauro Ciutini prosegue ancora. “Ma tutto è cambiato”, mi racconta. 

Da allora il Festival ed i suoi cantanti, belli o brutti che fossero, non li ho quasi mai abbandonati. Qualche volta, magari, mi è capitato di addormentami, ma sempre lì, collegato alla tv, con uno sguardo ai social ed un orecchio alla radio.  Anche quest’anno seguirò questa edizione rara assai. L’Ariston senza pubblico, le strade attorno senza le migliaia di fan alla ricerca dell’autografo, e adesso ancora più del selfie. Sicuramente l’edizione più stramba della lunga storia del festival. Che piaccia o no Sanremo è lo specchio di questa nostra Italia, con tutte le sue contraddizioni, con tutto il suo buono e il suo, tanto, meno buono. Il riflesso di una storia e di un genio straordinario, anche musicale, accanto alla pochezza di chi svende per quattro soldi un patrimonio artistico culturale ai dati Auditel, alle carriere, alla politica. 

Come sempre credo che saremmo in tanti a collegarci, le zone a colori con il domicilio coatto daranno una mano. Sanremo è per tutti. Mi piace ricordare proprio oggi, con grande affetto, come concludevo spesso i miei collegamenti sui vincitori del Festival salutando ogni volta quella che comunque era stata per noi l’edizione più straordinaria:  “L'anno che sta arrivando tra un anno passerà io mi sto preparando è questa la novità”