Consenso perduto. Salvini sempre al bivio

Forse ci va, forse non ci va. Matteo Salvini, riferiscono le cronache, non aveva preavvertito nessuno del suo possibile viaggio in Russia

Pecore elettriche

Pecore elettriche

Firenze, 29 maggio 2022 - Forse ci va, forse non ci va. Matteo Salvini, riferiscono le cronache, non aveva preavvertito nessuno del suo possibile viaggio in Russia (il leader della Lega potrebbe partire già oggi). Non ne sapeva niente Mario Draghi, non ne sapeva niente Luigi Di Maio e non ne sapeva niente nemmeno Sergio Mattarella. E dire che quella dell’ex ministro dell’Interno sarebbe una missione diplomatica, per trovare uno spiraglio per la pace in Ucraina dopo la guerra scatenata dalla guerra. Sarà. Ma se non riesci neanche a coordinarti con il presidente del Consiglio e il presidente della Repubblica del tuo Paese qualche problema, come minimo, diciamo che c’è.

Non lo scopriamo tuttavia certo adesso. Il leader della Lega non si è mai ripreso dal colpo di sole del Papeete del 2019. Non ha trovato argomenti sostitutivi del binomio sicurezza & lotta all’immigrazione con cui aveva trionfato nel 2018. Salvini semplicemente non ha più idee. Si limita a tenere i piedi in due staffe, quelle del governo e quelle dell’opposizione.

Ultimamente, li tiene più nelle seconde che nelle prime, perché la crescita di Giorgia Meloni - per ora solo nei sondaggi - lo spaventa. Il filosofo Marcello Pera dice che è più brava di lui e in effetti sembra più attrezzata (o quantomeno sta imparando dagli errori degli alleati). Certo, il suo compito è più facile, perché è all’opposizione fin dall’inizio della legislatura. Non è entrata a far parte del Governo Conte 1, non è entrata a far parte del Governo Conte 2, non è entrata a far parte del Governo Draghi.

È all’opposizione che si costruisce meglio il consenso, soprattutto quando i Governi non funzionano, come i due Esecutivi Conte. Con Draghi è senz’altro più complesso dire che le cose non vanno come sperato, anche se non mancano i problemi neppure per l’ex presidente della Bce. Resta un punto, per Meloni: l’obiettivo sembra essere quello di far scordare a tutti la propria eredità politica, nella consapevolezza che gli italiani le hanno provate tutte e ora manca solo a lei.

Anche Salvini è stato ampiamente sperimentato, ma le responsabilità non sono solo sue, a questo punto. Sono anche della cosiddetta Lega di governo, quella in teoria più pragmatica, attenta e meno sguaiata. Quella di Giancarlo Giorgetti e Luca Zaia. Non fare niente per arginare Salvini equivale ad assecondarlo. Oltretutto, la Lega avrebbe di che occuparsi. Per esempio dei referendum sulla giustizia, voluti insieme ai Radicali. Si vota il 12 giugno, la campagna elettorale semplicemente non esiste e il quorum non sarà raggiunto, probabilmente. Giorgetti, anche qui, si limita ad alzare le mani preventivamente: "Non è un fallimento della Lega, è un fallimento per il sistema Paese". Ma che cosa ha fatto la Lega in questi mesi per far conoscere i quesiti referendari alla cittadinanza? Assai poco. Meglio la competizione con Giorgia Meloni.

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