Quel furgone metafora di un Paese in bilico

Il commento

Il furgone dopo il crollo

Il furgone dopo il crollo

Firenze, 23 gennaio 2021 - Ci sono ponti e ponti, ci sono camion e furgoni. C’è il ponte Morandi di Genova, col camion rimasto lassù davanti all’abisso, il motore acceso e il tergicristallo in azione. L’avevano rimosso non appena possibile, giusto pochi giorni dopo la tragedia. E poi c’è il ponte di Albiano, crollato per incuria dentro il Magra, con quel furgone rimasto dall’8 aprile sulla rampa sbilenca, su quel piano inclinato, un’immagine che è anche la metafora di Paese in equilibrio precario, un Paese pericolosamente asfissiato da una selva di regole troppo spesso confuse e contraddittorie.

Nove mesi dopo il cedimento le macerie non sono ancora state rimosse. E allora, alla fine, ci ha pensato la forza del fiume a fare quel che l’uomo non ha voluto fare. Il corso d’acqua si è scrollato di dosso in scioltezza qualche tonnellata di cemento armato e quel furgone restato per troppo tempo a raccontarci lo scempio. L’ha fatto durante un normale, banalissimo giorno di maltempo, pioggia e vento come da sempre capita a gennaio. Almeno l’ultima piena ricordi a tutti noi che non è il caso di perdere altro tempo. E che è davvero arrivato il momento di ricostruire. I ponti, e non solo.