Lega, lotta e governo. Con un occhio a Giorgia

Salvini finora ha ottenuto risultati all’interno dell’esecutivo. In vista delle elezioni deve guardarsi dalla crescita di Fratelli d’Italia

Pecore elettriche

Pecore elettriche

Firenze, 4 aprile 2021 - La Lega di lotta e di governo non l’ha inventata Matteo Salvini, esisteva già prima con Umberto Bossi. Ai tempi del primo governo Berlusconi, la Lega protestava - era il 1994 - contro il decreto Biondi sulla carcerazione preventiva, dal nome dell’allora ministro della Giustizia Alfredo Biondi. Roberto Maroni, ministro dell’Interno, minacciò le dimissioni. Nel dicembre dello stesso anno, causa divergenze insanabili, il Carroccio uscì dalla maggioranza e Berlusconi fu costretto alle dimissioni. Sono passati oltre 25 anni, la Lega è cambiata, ha perduto il Nord nel nome ed è diventata nazionalista. Quello che non è cambiato è l’approccio al governo.

Sta con un piede dentro al governo Draghi ma anche con un piede fuori. La domanda è quanto potrà reggere l’esecutivo, sottoposto a tali tensioni. Il problema non è tanto la tenuta di Mario Draghi, che sicuramente non è Nicola Zingaretti e quindi non si dimetterebbe mai per stizza, ma quella degli altri partiti, Pd e M5s. Il primo impegnato in imprescindibili battaglie sui capigruppo (alla Camera è stata scelta Debora Serracchiani, vedrete adesso quanto sposterà gli equilibri; un po’ come Bonucci quando è andato al Milan), sulle correnti e in dialoghi con le cosiddette Sardine, il secondo sull’eredità da consegnare a Beppe Conte, che si è fatto un giorno di università a Firenze e un mese di stipendio, e ora è pronto per capeggiare il M5s di cui il Pd è alleato fraterno.

Mentre i progressisti fanno baruffa, la Lega fa politica. Una politica che può non piacere, naturalmente. Epperò, Salvini è intanto riuscito a ottenere il siluramento di Domenico Arcuri, il condono per 16 milioni di cartelle esattoriali dal 2000 al 2010 (anche se Salvini ne voleva di più, 61, se lo stralcio generalizzato fosse arrivato fino al 2015, ha calcolato il Sole 24 Ore) e, quantomeno, l’apertura del dibattito sulle riaperture, con annessi litigi con il ministro della Salute Roberto Speranza.

Lo schema insomma sembra essere abbastanza chiaro. Il leader della Lega sfrutta la partecipazione al governo Draghi per massimizzare il risultato politico, dopo il disastro del Papeete. Tutto fin troppo chiaro. Difficile, però, che gli riesca l’operazione avvenuta durante il Conte 1 quando Salvini cannibalizzò il M5s. In quel caso, la Lega aveva più libertà di movimento, il segretario leghista era al governo ed era in tv quotidianamente da ministro dell’Interno, a parlare di invasioni (per la verità inesistenti) e sicurezza.

Le elezioni amministrative dell’autunno sono invece un’altra storia. Salvini è tutt’ora il capo della coalizione di centrodestra, ma il confronto con Giorgia Meloni potrebbe rivelarsi molto più complesso di qualche mese fa, quando entrambi erano all’opposizione. La leader di Fratelli d’Italia mostra una certa solidità, anche perché a differenza di Salvini è solo di lotta e non di governo. Alle elezioni politiche del 2013, i partiti che sostennero il governo Monti ne uscirono parecchio ammaccati, si pensi al risultato del Pd bersaniano. Insomma, Salvini deve riuscire a far passare qualche sua battaglia e a distinguersi, ma senza esagerare. Gli basterà o sarà costretto ad alzare continuamente il tiro?

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