Pd al bivio del futuro. Il copione cambia poco

A novembre l'annuncio della costituzione di un Comitato di saggi composto da 87 persone, molte appartenenti alle varie filiere che hanno guidato il Pd negli ultimi 15 anni. E’ questa la ripartenza?

Pecore elettriche

Pecore elettriche

Firenze, 4 dicembre 2022 - Il Pd è fallito? La domanda sorge ancora più spontanea nelle settimane in cui il partito fondato nel 2007 dalla giustapposizione di Ds e Margherita cerca di avviare una fase (ri)costituente. Dopo la sconfitta elettorale del 25 settembre, molto è avvenuto. Giorgia Meloni è diventata presidente del Consiglio; Enrico Letta si è non dimesso dalla guida del Pd; Beppe Conte ha avviato le pratiche per diventare il capo dell’opposizione, superando il Pd che lo ha trasformato, per davvero, nel punto di riferimento fortissimo di tutti i progressisti.

Di fronte a questi sommovimenti, uno si attenderebbe il famoso cambio di passo. E invece. Invece no. A novembre è stata annunciata in grande spolvero la costituzione di un Comitato di saggi composto da 87 persone, molte delle quali appartenenti alle varie filiere che hanno guidato il Pd negli ultimi 15 anni. Al che si è capito bene qual è la funzione politica principale di questa fase di passaggio, costituente ma anche ricostituente: far rientrare nel Pd Roberto Speranza, Pierluigi Bersani e gli altri di Articolo 1, ampiamente premiati alle elezioni politiche con 5 seggi parlamentari sicuri e altrettanti eletti, tutti alla Camera. Speranza è stato addirittura nominato garante insieme a Letta del nuovo percorso costituente. Pare evidente che i garanti e i saggi siano lì per garantire, i primi, sé stessi, gli altri, per fare la foglia di fico di un sistema politico che ha già trovato la propria riorganizzazione attorno alle candidature a segretario del Pd.

Stefano Bonaccini, sostenuto da Base Riformista, ed Elly Schlein che oggi a Roma dovrebbe annunciare la sua candidatura. In attesa di capire se Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, si candiderà per davvero. Una sfida dentro l’Emilia-Romagna, fra il presidente della Regione (primo dei bersaniani, poi primo dei renziani; oggi però è contro le correnti) e la sua ex vice-presidente (movimentista col botto, tendenza sinistra ecologia & libertà). Il congresso già muove in una direzione precisa, almeno stando a sentire quel che dicono “i saggi” nelle loro prime riunioni. Speranza ha evocato l’“egemonia neoliberista”, mentre Andrea Orlando attaccato l’attuale Manifesto dei valori del Pd che risale al 2007, laddove si teorizza “un mercato aperto” come “precondizione della crescita”. Un testo che a Orlando, che non è esattamente un rottamatore della prima ora, sembra “scritto da un componente della scuola di Friburgo. Ordoliberlista”. Anche Caterina Cerroni, Coordinatrice Nazionale dei Giovani Democratici, rimasta fuori dal parlamento per colpa del “flipper” della legge elettorale, ha sentito il bisogno di dare una impronta massimalista: “Leggevo Chomsky che citava Lenin, secondo cui senza teoria rivoluzionaria non esiste alcuna pratica rivoluzionaria”.

Va bene che Schlein è la leader di Occupy Pd, ma qui sembra che la fase delle autogestioni liceali non sia mai finita. E non tutti, nel Pd, ci stanno: “Vivo questo congresso come un’ultima occasione di rilancio per il partito al quale ho convintamente aderito nel 2011”, osserva Giorgio Gori in un’intervista a HuffPost: “Se i fondamenti del Pd non verranno stravolti rimarrò. Altrimenti prenderò atto del fatto che il Pd è diventato un’altra cosa, e mi riterrò libero di decidere il da farsi”. Un’altra scissione è possibile?

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