No al ritorno della straziante normalità

Il commento del vicedirettore Piero Fachin

Piero Fachin

Piero Fachin

Firenze, 2 giugno 2020 - Non ci eravamo distratti, non ci eravamo illusi. Semplicemente negli ultimi tre mesi siamo rimasti tutti concentrati sul nemico numero uno, il coronavirus. Chi per scansarlo, chi per sconfiggerlo, chi solo per raccontarlo. E abbiamo smesso di considerare una serie di fatti. Tra questi anche il fatto che in Italia, in Toscana, nelle nostre strade si continua a morire per incidenti. E la storia della fine, tragica e assurda, dei tre motociclisti finiti a terra non lontano da Lucca (due ragazzini, un giovane uomo, e non si deve morire alla loro età) è qui a dirci una cosa: i problemi che siamo stati costretti ad accantonare non sono svaniti, le questioni urgenti non sono state risolte, anzi sono tutte qui, più gravi che mai perché oggi abbiamo meno risorse e meno forze, siamo più poveri e impauriti.

Fino a ieri le strade erano deserte, gli spostamenti per andare al lavoro o per tornare a casa erano ridotti al minimo. Adesso invece tutto cambia, anzi tutto torna allo strazio quotidiano del sangue sull’asfalto. E però il tema della sicurezza stradale è ancora da affrontare. Come gridano, il più delle volte inascoltati, i parenti dei morti. E come ricordano i numeri. Rivelano, nella loro freddezza, che anche in Toscana la guerra è feroce: oltre ventimila incidenti all’anno, più di duecento vittime e più di ventimila famiglie con un ferito da assistere. Con costi enormi, sia dal punto di vista emotivo che da quello economico. Eppure fare qualcosa si potrebbe. Magari educando per davvero alla sicurezza stradale. E investendo seriamente nelle infrastrutture. Cose banali, tipo spendere soldi per mettere in sesto le strade, per migliorare la segnaletica, l’illuminazione, per sostituire i guard rail scassati. E poi, ovviamente, punire chi corre, fermare chi sgarra prima che le tragedie si consumino. Perché farlo dopo serve, ma serve molto meno.