Firenze, 16 novembre 2022 - Quasi settant’anni dopo, 1953-2022, Firenze si ritrova a fare i conti con una vertenza simbolo che va oltre l’enorme preoccupazione di ora (come di allora). I lavoratori dell’ex Gkn hanno occupato Palazzo Vecchio stremati da una vertenza, tra speranze e delusioni, dal luglio 2021. Molti decenni prima, 1.700 lavoratori della Pignone, fabbrica di meccanica, si ritrovarono con un piano industriale azzerato, chiusura e tutti a casa. Era il 1953: ad aprile iniziò la lotta. Chiudere voleva dire dare uno schiaffo a quelle famiglie e colpire Firenze e la sua economia lanciata verso la ripresa. Il sindaco interpretò con lungimiranza immediata il caso. Si chiamava Giorgio La Pira: capì che salvare la Pignone voleva dire aiutare tutta la sua città. E settimana dopo settimana cercò di trovare un nuovo acquirente. Non un uomo della provvidenza, ma un imprenditore illuminato. E chi più di Enrico Mattei poteva essere il riferimento migliore? Lui si occupava di petrolio, la Pignone di meccanica. Due mondi potenzialmente vicini. E così fu nel 1954. La Pignone, che da allora fu il Nuovo Pignone, iniziò a produrre turbine per le estrazioni petrolifere e fu la salvezza. Un guizzo politico, miscelato a perseveranza e appunto a lungimiranza, fu la scintilla per salvare non solo la fabbrica. L’auspicio è che, se non proprio un guizzo politico, almeno un’intuizione alimenti più speranze che delusioni per i lavoratori. Ora come allora la vertenza ha un valore anche simbolico oltre che di sostanza. Perché l’eccellenza produttiva e la manodopera specialistica espresse dall’azienda fiorentina, ex Gkn, non possono essere battute dal profitto (come avvenuto per le scelte della proprietà originaria), stritolate da un mercato in cui Qf (l’attuale proprietà) non trova sbocchi e dimenticate da uno Stato che ha troppe emergenze a cui pensare.