Il Covid ammazza il lavoro

Dov’è il piano industriale

Firenze, 6 dicembre 2020 - E' una crisi accentuata dalla pandemia. Forte e radicata. E’ la crisi del lavoro. Viene da lontano, ben prima del nefasto 2020, ed è destinata ad andare avanti, purtroppo. Anzi ad accentuarsi. Lavoro che non c’è, lavoro che si perde, lavoro che non si forma. Aumenta la precarietà dei ’lavoretti’, il "tan" - tutto a nero - si moltiplica. Le partite iva gridano giustamente dolore e ce l’hanno con quelli "del posto fisso", gli statali rivendicano contratti nazionali che non sono rinnovati chissà da quanto. Le analisi dicono che le donne, già penalizzate storicamente dal mercato del lavoro, sono altre vittime del Covid. Per non parlare di chi deve affacciarsi per la prima volta nell’universo dell’occupazione, i nostri giovani. Ci si riempie la bocca con lo smart working, ma quello che viene fatto nelle nostre case è lavoro da remoto: lo smart working è tutt’altro (per dinamiche e mezzi di lavoro).

Anche durante zone rosse e lockdown si è continuato a morire sui luoghi di lavoro. Le analisi degli istituti di ricerca sono impietose. Ci vuole un piano strategico nazionale e locale per ripartire. Le nostre regioni, Toscana, Umbria e Liguria, hanno investito molto sul turismo e tantissimo hanno ricevuto direttamente e con l’indotto. Roba da Superenalotto record. L’emergenza virus ha dimostrato che un territorio che si poggia fortemente su un settore può scoprirsi debole, attaccabile. E più difficilmente potrà rialzarsi. Il manifatturiero è la nostra risorsa storica. Soffre enormemente. Il mercato interno è fermo, l’export ha le porte socchiuse. Intanto monta la rabbia vedendo il trend cinese.

Le prospettive con lo sblocco dei licenziamenti nel 2021 sono preoccupanti. Lavoro vuol dire famiglia, sviluppo, crescita del Paese. Ci vuole un piano strategico. Necessario pensare ai ristori, alle risorse a fondo perduto, alla cassa integrazione. Ma bisogna guardare non solo all’emergenza altrimenti continueremo a vivere in allerta. Lo dimostra lo stato di tante aziende. Bekaert, Testi, Settel, per dire le ultime, in Toscana senza dimenticare le incertezze del polo di Piombino e le altre aree di crisi. In Umbria la provincia di Terni sembra il profondo sud d’Italia. L’Italia ha bisogno di un piano industriale e del lavoro, non ci sono vie d’uscita.