Governo, il terzo uomo

Il commento

Firenze, 3 aprile 2018 - I TEMPI della prima Repubblica sono meno lontani di quanto pare. Dice Di Maio: ho undici milioni di voti e il 32% degli elettori. Quindi mi spetta la presidenza del Consiglio. Dimentica che la Dc con un milione di voti in più, nel 1983, perse la presidenza a favore del socialista Craxi che ne aveva quattro milioni. È vero che cedette con l’impegno della staffetta in corso di legislatura che Craxi rispettò. Ma prese atto di una regola: in un sistema proporzionale il presidente del Consiglio si concorda con gli alleati di governo. Si deve rassegnare, Di Maio, così come, implicitamente, si è già rassegnato Salvini. È evidente che i due si elidono, per questioni d’immagine e di sostanza. D’immagine: perché l’alleanza appaia come una patta è necessario che ambedue facciano un passo indietro. Di sostanza: perché la guida dell’alleanza aggiunge un plus al programma da concordare. Fin qui Mattarella si muoverà su un terreno irto di ostacoli, ma scontato. L’unico dubbio è quanto tempo impiegherà Di Maio a rinunciare alla premiership. Ma più farà gravare il veto contro Berlusconi e più accelererà la propria auto elisione. Perché Salvini porrà col Cavaliere, di rimando, il veto all’entrata di Di Maio a Palazzo Chigi.

Il leader 5 Stelle può provare a tirare la corda fino alla rottura, costringendo Mattarella alle elezioni anticipate. Ma sarebbe un azzardo pericoloso. Il vero nodo per Mattarella è individuare la figura terza che, dopo più o meno lunga attesa, provi a guidare l’alleanza. Il toto nomi lascia il tempo che trova. Ci sono però due punti fermi che per il Presidente sono imprescindibili. Il primo riguarda il profilo fortemente istituzionale del presidente del Consiglio. È evidente la necessità di compensare il carattere agitatorio/contestativo per non dire populista delle due forze maggiori, Lega e 5 Stelle. Poi si dimentica che Napolitano impose Padoan a Renzi. Non so se Mattarella avrà la forza di fare altrettanto, ma una garanzia all’Europa sul rigore dei nostri conti cercherà di darla, caldeggiando un ministro dell’Economia competente e accreditato. Vedremo con quale esito.

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