"Quel campo abbandonato è un pugno allo stomaco"

L’impianto dedicato a Roberto Lorentini nell’incuria totale "Fate qualcosa per riaprirlo"

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Ospitiamo la riflessione del nostro giornalista Andrea Lorentini sullo stato di degrado del campo da calcio di Pescaiola dedicato al padre Roberto, morto allo stadio Heysel.

Un pugno allo stomaco. È stata questa la sensazione che ho provato quando ho visto le foto che testimoniavamo lo stato di degrado ed abbandono nelle quali versa, ormai da un anno, l’impianto sportivo di Pescaiola intitolato a mio padre Roberto Lorentini. A me e alla mia famiglia non interessa entrare nella polemica politica che si è alimentata in questi giorni, nè tanto meno esprimere giudizi, o accertare responsabilità, ma certamente non possiamo assistere in maniera passiva e senza indignarci per quanto accaduto. Mio padre Roberto è medaglia d’argento al valor civile, quel campo di calcio gli è stato intitolato nel ricordo di quel suo gesto di estremo altruismo quando, lui medico, dopo essersi messo in salvo dalle prime cariche degli hooligans inglesi, tornò nella calca e fu travolto mentre prestava soccorso ai feriti sugli spalti. Ecco, ogni volta che un bambino, un ragazzo, un atleta è entrato nell’impianto di Pescaiola aveva la consapevolezza, ricordata dalla targa all’ingresso, di chi fosse Roberto Lorentini. Un impianto che è stato negli anni luogo di attività di tante importanti realtà sportive del territorio che hanno dato la possibilità a numerosi ragazzi di fare sport. La storia di mio padre, come quella dell’altra vittima aretina dell’Heysel Giuseppina Conti, sono parte integrante della storia di questa città e lasciare che quell’impianto muoia è come far morire il ricordo e l’esempio di Roberto. Mi auguro vivamente che si possa trovare in tempi rapidi una soluzione, magari venendo incontro alle società sportive per favorirne la gestione, affinché l’impianto sia riqualificato e gli venga restituita una dignità, ma sopratutto possa tornare a ospitare partite di pallone e che le nuove generazioni possano viverlo nel ricordo di Roberto, un simbolo della lotta contro la violenza nello sport.

Andrea Lorentini