Dallo Stia alla Juventus: Sarri il sanguigno aretino nella panchina più alta

L'allenatore dalla Sansovino a Cavriglia, da Faella al Tegoleto all'incredibile esonero di Arezzo: ora il triplo salto mortale a Torino

Maurizio Sarri insieme a Mancini negli anni dell'Arezzo

Maurizio Sarri insieme a Mancini negli anni dell'Arezzo

Arezzo, 16 giugno 2019 - E’ lunga la strada che dalla seconda categoria dello Stia porta fino alla conquista dell’Europa League e ora alla Juve, dopo l'annuncio ufficiale di ieri, seguito ai mille boatos di un mese. Maurizio Sarri, aretino di residenza (perchè vive a Vaggio, ultimo angolo del Valdarno nostrano) e anche di elezione (nel senso che la prima parte della sua carriera si è svolta tutta qui) l’ha percorsa per intero, fino all’apoteosi di Baku, dove finalmente, quasi in contemporanea con il suo ex Arezzo che si giocava i playoff col Pisa, ha alzato il suo primo grande trofeo.

Il secondo del suo curriculum in panchina, a voler considerare anche la Coppa Italia di serie D che l’Uomo di Vaggio vinse quando allenava la Sansovino, prima sua squadra di un certo livello, successo che gli portò in dote la promozione nell’allora C2. Pareva già un traguardo per un naif della panchina, era solo l’inizio di un’ascesa bruciante. Già, siamo nel 2003 e Sarri ha appena fatto la scelta decisiva della sua vita: lasciare il posto sicuro in banca (fosse rimasto, poteva diventare ministro dell’economia, ironizza Luciano Spalletti, all’Empoli prima di lui) e diventare professionista della panchina a tempo pieno. Uno spartiacque.

Prima il buon Maurizio era uno dei tanti dilettanti della domenica che dedicano il tempo libero alle squadre dei campionati minori aretini (dove aveva anche giocato da calciatore di non troppa fortuna), quindi si trasforma in uno che di pallone vive. Scelta rischiosa allora (l’impiego in banca gli garantiva comunque un reddito), ma superpremiata in prospettiva, perchè lo ha avviato agli ingaggi milionari di oggi. Poteva rimanere uno che vive di espedienti, come spesso capita nel calcio dei dilettanti, diventa un divo degli stadi.

Quando prende la Sansovino in Eccellenza, Sarri ha già una lunga esperienza dietro le spalle. Non solo gli inizi allo Stia, ma anche la Faellese, il Cavriglia, l’Antella e il Tegoleto, che è già in Eccellenza, come a dire il top dei dilettanti.

A Monte San Savino lo vuole Nario Cardini, il primo direttore sportivo a capirlo e valorizzarlo. Lui lo ripaga con la doppia promozione fino alla serie C2 e con la salvezza in una categoria che la Sansovino non toccherà più. Quanto basta per accettare la corte della Sangiovannese e del suo mitico presidente Arduino Casprini, squadra con la quale ottiene un altro salto di categoria, stavolta in C1. Lo nota il Pescara che nel 2005 lo vuole in serie B. Ci rimarrà solo un anno, ma quello successivo è già pronto (dicembre 2006) per subentrare all’Arezzo, ultimo passaggio locale della sua carriera.

E’ un’annata incredibile. In panchina succede ad Antonio Conte e gli restituisce la panchina quando viene esonerato il 13 marzo, dopo una sconfitta a Trieste. Sarri lo sa per radio, sul pullman del ritorno e mai lo perdonerà al presidente mangia-allenatori Piero Mancini. Lì la carriera dell’Uomo di Vaggio potrebbe vacillare, ma lui è un testardo che crede fermamente nel suo destino di allenatore vincente a grandi livelli.

Non lo vuole più nessuno, gli esoneri si ripetono, lui si adatta alla serie C con l’Alessandria, ancora col suo mentore Cardini. Finchè nel 2012 non lo prende l’Empoli, col quale in due stagioni vola in serie A. E’ un'altra svolta, il buon Maurizio, fino a lì confinato nel calcio di secondo livello, aretino e nazionale, approda in paradiso a un’età tardiva (55 anni) ma con una cifra di gioco che colpisce e stupisce. Il Pep Guardiola all’italiana, ma anche un personaggio a tutto tondo, mai in giacca e cravatta, sempre in tuta e con la sigaretta (masticata, visto il divieto di fumo) in bocca.

Lo nota il presidente De Laurentis che deve sostituire Rafa Benitez. Finalmente una grande squadra, che gioca il miglior calcio d’Italia ma incappa in una Juve insuperabile, di cui Sarri pare l’antitesi, in campo e fuori.

Mai forse avrebbe immaginato allora che proprio quella Juve sarebbe stata il suo destino. Un evento mai visto: nella squadra dei signorini azzimati, in giacca e cravatta, un sanguigno come Sarri che la giacca se l’è messa giusto in finale di Europa League.