Arezzo: caso Basit, indaga la procura federale. Gli 007 della Figc da La Cava

Lunedì qui per interrogare il presidente e Anselmi: al centro il cartellino del centrocampista, rimasto a metà del suo procuratore

Abdallah Basit

Abdallah Basit

Arezzo, 3 aprile 2019 - La sua mancata cessione al Genoa, nel mercato di gennaio, aveva aperto una voragine nei rapporti tra Giorgio La Cava e Massimo Anselmi. Il rinvio a fine stagione dell’eventuale vendita di Abdallah Basit, 19 anni, non condivisa tra presidente e vice (che avrebbe preferito chiudere la trattativa d’inverno) aveva innescato diverse polemiche. È stata anche la scintilla della recente uscita dal cda del Cavallino da parte di Anselmi e di Orgoglio Amaranto.

Adesso il tesseramento di Basit è al centro di un’indagine della procura della Federcalcio che lunedì ha inviato i suoi ispettori in città a sentire i protagonisti della vicenda. Tutto è probabilmente partito dalle dichiarazioni del presidente, nei giorni successivi alla trattativa saltata all’ultimo momento col Grifone.

La Cava non aveva fatto mistero che la metà del cartellino del centrocampista fosse in sostanza di proprietà di Leonardo Giusti, procuratore del gioiellino ghanese: «Con l’agente di Basit, abbiamo fatto un accordo in estate, a Milano, insieme al direttore Pieroni – aveva detto a inizio febbraio Giorgio La Cava a La Nazione – il giocatore doveva andare da un’altra parte, Leonardo Giusti ce lo ha offerto a patto che il 50% di un’eventuale cessione finisse a lui».

Frasi che hanno fatto accendere i riflettori degli 007 della Figc sull’accordo firmato nell’estate del 2018: in Italia la proprietà di un calciatore non può essere in nessun modo del suo agente ma solo ed esclusivamente di un club. Il 50% sul corrispettivo della futura vendita potrebbe far pensare a una sorta di comproprietà tra l’Arezzo e il procuratore Giusti che un paio di anni fa era stato chiamato in causa nell’inchiesta pratese sulla tratta di giovani calciatori dall’Africa. Non risultando però tra i rinviati a giudizio di qualche mese fa.

C’è da considerare che la regolamentazione Fifa sugli agenti del 2015, recepita dalle federazioni nazionali nei regolamenti interni, non pone un tetto alle commissioni. Il 3% di compenso sullo stipendio lordo del giocatore o sul prezzo del trasferimento, scritto nell’articolo 7 del regolamento Fifa, è una semplice «raccomandazione», molte volte disattesa. Come in questo caso, dove però la percentuale sarebbe diciassette volte più alta di quella «consigliata».

Per chiarire i contorni della vicenda gli uomini della procura federale si sono presentati lunedì in città per interrogare La Cava e Anselmi, in momenti diversi. In base alle dichiarazioni dei due, la procura della Federcalcio guidata da Giuseppe Pecoraro deciderà se incardinare oppure no il processo sportivo. Un iter con tempi medio-lunghi, come spesso accade alla giustizia del calcio, per cui le eventuali sanzioni si potrebbero applicare solo nella stagione 2019-20.

L’Arezzo non dovrebbe rischiare penalizzazioni così come Basit non andrebbe incontro a una squalifica a stagione nuova: se le tesi dell’accusa dovessero trovare accoglimento nei tribunali sportivi al massimo potrebbe arrivare un’inibizione per chi ha firmato e una multa per il club. Probabile che l’Arezzo per difendersi si appelli alla «non obbligatorietà» del tetto del 3% introdotta dalla liberalizzazione Fifa di Sepp Blatter nel 2015 (osteggiata ma non cambiata da Gianni Infantino) e che per questo si dichiari innocente. C’è un’unica domanda. Con le regole in vigore, dare il 50% di Basit al procuratore si può?