Arezzo, anche l'esercizio provvisorio è tutto in salita: servono soldi veri

Tempi del fallimento? Se l’Arezzo rinuncia a costituirsi, presentando i libri in tribunale, la dichiarazione potrebbe arrivare a metà settimana. Ma la società deve battere un colpo

Moscardelli e altri giocatori dell'Arezzo

Moscardelli e altri giocatori dell'Arezzo

Arezzo, 25 febbraio 2018 - Nessuno pensi che ora la strada per la salvezza dell’Arezzo sia spianata: fonti autorevoli del tribunale si incaricano di raffreddare subito l’ottimismo di chi pensava che bastasse un’istanza di fallimento, quella presentata venerdì dal commercialista Gabriele Fratini su un decreto ingiuntivo della Ombra Security da appena 6 mila euro, per spalancare il varco dell’esercizio provvisorio e dunque al completamento della stagione sul campo. Ammesso e non concesso, naturalmente, che i calciatori, senza stipendio da ottobre, siano disposti a giocare.

Anzi, spiegano le stesse fonti, con spietato realismo, in queste condizioni di esercizio provvisorio non se ne parla neppure. Per ottenerlo serviranno garanzie serie che esistano le risorse per arrivare in fondo alla stagione. Conviene tuttavia partire dalla procedura che si è aperta con l’istanza di insolvenza. Adesso il collegio fallimentare (il giudice delegato Antonio Picardi, che farà da relatore, il presidente Carlo Breggia e il terzo magistrato, Silvia Grillo) convocheranno un’udienza in camera di consiglio (non pubblica cioè) nella quale saranno parti il creditore (Fratini, appunto) e il debitore (l’Arezzo nella persona del suo legale rappresentante, che è ancora il presidente, per quanto fantasma, Marco Matteoni).

Da lì, se la società amaranto non compisse il miracolo di dimostrare che ha i mezzi per ripianare il debito da oltre due milioni e far fronte alle alle obbligazioni, dovrebbe uscire la sentenza di fallimento, la terza dell’Arezzo in 25 anni. Tempo previsto per l’udienza venti giorni.

Tuttavia c’è una strada per accorciare i tempi. Quella cioè che l’Us Arezzo Srl rinunci a costituirsi , presentando da sola i libri in tribunale. In quel caso la dichiarazione di insolvenza e la nomina del curatore fallimentare potrebbero arrivare molto prima, già alla metà della prossima settimana. Occorre però che Matteoni, sparito da giorni e giorni, e la Neos, tornata proprietaria del 99% del capitale, battano un colpo.

Non è affatto scontato, visto la latitanza delle ultime settimane e il balletto dell’assurdo inscenato venerdì scorso da Fabio Gatto, per conto della Neos. Ufficialmente, la proprietà è ancora alla ricerca di un acquirente per tramite dell’advisor anche se pare la caccia all’Araba Fenice.

Ma il famoso esercizio provvisorio? Le strade previste dall’articolo 104 della legge fallimentare sono due: o lo concedono direttamente i giudici, magari contestualmente alla sentenza di fallimento, o viene richiesto successivamente dal curatore. La condizione è però sempre la stessa: non deve arrecare pregiudizio ai creditori. Tradotto in pratica, vuol dire che per ottenerlo servono garanzie finanziarie concrete.

L’Arezzo per ora è una scatola vuota: nessun immobile, giocatori quasi tutti in scadenza di contratto, niente asset al sole, solo 2 milioni di debiti e qualche contributo in arrivo dalla Lega. Più gli incassi delle partite in casa ma sono poca cosa. Nel caso del Parma, sentenza che in queste ore sono andati a rileggersi in tribunale, le risorse arrivarono direttamente dalla Lega di serie A.

Qui l’ipotesi pare più difficile. L’impressione è che occorra raggrumare un pool di investitori disposti a metterci soldi veri, quantomeno fino a giugno: quindi capitali concreti per pagare gli stipendi dei giocatori (900 mila euro da qui a giugno) e dei dipendenti o per pagare le altre spese minute.

Se il sindaco o chi per lui riescono a soddisfare queste condizioni bene, se no l’esercizio provvisorio diventa un’altra illusione. Antonio Picardi, giudice delegato ai fallimenti, spiegano le stesse fonti, non lo ha mai concesso a nessuna i azienda da quando è in servizio ad Arezzo. Serviranno motivi (e impegni) ben convincenti  per indurlo a fare la prima eccezione.