Sanremo, Negrita dietro: tra gli "aretini" vince Rancore, 6° con Silvestri. Gag di Gnocchi

La band aretina solo ventesima. Zen Circus al numero 17, Motta 14°. Dal comico un tweet dedicato al gruppo aretino. Il giurato che invitava a votare Pau & c.

I Negrita a Sanremo

I Negrita a Sanremo

Arezzo, 10 febbraio 2019 - I Negrita, si sa, non vengono di sicuro per vincere Sanremo. La loro è una musica che da sempre si incrocia male con la riviera e i suoi gusti musicali. Forse però più in alto del ventesimo posto speravano di poter arrivare. Ma il verdetto del Festival è quello: ed è salutato da una bufera di fischi dalla platea.

I più non fischiano per lanciare i Negrita, è bene essere chiari, ma per la Bertè, per Cristicchi o per Silvestri. Ma il fischio è fischio e ognuno se lo può tirare dalla sua parte, come una coperta calda.

Il caldo che non manca nell'Ariston, impegnato a mettere sotto accusa le giurie. A proposito dei Negrita il verdetto dimostra che l'endorsement di Joe Bastianich non ha spostato le folle. Era uno dei giurati di qualità, si è messo su instagram a fare il tifo proprio per i Negrita: non solo, anche a invitare tutti a votarli.

Una bufera, non di fischi ma di tweet, che tengono banco prima del verdetto. Ed è inutile cancellare il post, perché la bufera non si placa. Almeno fino a quando non sbuca la classifica e i Negrita scoprono di essere stati non lanciati ma affossati da Bastianich.

E meno male che c'è Gene Gnocchi. Lui, il comico surreale e che si inventa untweet proprio sui Negrita. "Buu razzisti ai Negrita. Sospeso il Festival di Sanremo per due turni".

L'ironia vince, la seriosità perde, davanti a Gnocchi finisce sempre così. Ed è non con ironia ma con serenità che gli altri "aretini" in gara scoprono il verdetto. I gruppi intorno alla Woodworm si arrampicano tutti nella parte bassa della classifica, anche se sopra i Negrita. Zen Circus chiudono al 17° posto, malgrado il favore della sala stampa, e soprattutto malgrado l'entusiasmo e la popolarità degli sbandieratori, perfetti anche nella serata finale.

Motta, dopo aver ritirato il primo premio nei duetti e aver incassato il plauso generale per il look, chiude poco sopra, al posto numero 14. Le canzoni sui migranti non vanno bene, Sanremo somiglia all'Italia di oggi, quella che Motta insegue trafelato e saltellante per tutta la settimana. Ma Motta non perde il sorriso, che non sbatte sulla camicia finalmente bianca, forse la prima della sua carriera se non della vita, merito del nostro Beppe Angiolini.

Nella scuderia Woodworm c'è anche chi spicca: è il rapper Rancore, una storia straordinaria, mamma croata e babbo egiziano, nato a Roma e che ad Arezzo ha trovato gli ambasciatori giusti. La sua poesia si incrocia perfettamente con la musica di Daniele Silvestri: sono sesti, poco sotto il podio, e aspettano il verdetto della sala stampa, perché il premio della critica li vedeva in pole position.

I primi tre, sepolti dai fischi, vanno al secondo televoto, gli altri vanno in pizzeria o a casa, a brindare o a dimenticare. Ma Arezzo non dimentica il suo incredibile festival, fatto di volti nuovi, di sbandieratori, di un gruppo di ottoni formidabile, di un'etichetta che buca le majors e arriva sul palcoscenico più importante, di uno staff che ha seguito passo passo i suoi artisti come fossero pulcini. E dei vecchi Negrita che intanto lanciano il disco che ne racchiude 25 anni di successi.

"Ciao Sanremo" grida Pau nel lasciare il microfono. E così proprio lui, dal ventesimo posto della classifica ma pronto a vendere più di quasi tutti gli altri, dà voce al congedo di tutti. Perché Sanremo è Sanremo: perfino quando finisce.