"Io, mia nonna, il film": Marianna Fontana fa il pienone all'Eden e incontra il pubblico

L'attrice reduce dalla cerimonia ai David di Donatello apre il ciclo di "Viaggio in Italia". Botta e risposta con gli spettatori, poi i selfie e gli autografi. Le prossime tappe della serie

Marianna Fontana

Marianna Fontana

Arezzo, 15 aprile 2019 - "Mi sono fatta raccontare dalla nonna come erano quei momenti": Marianna Fontana ha quel velo di broncio che ha costruito il mito delle più grandi attrici ma anche lo sguardo stupito e curioso di chi si affaccia al cinema quasi per la prima volta. Il grande cinema e perfino l'Eden, la sala che l'ha accolta l'altra sera per aprire il nuovo ciclio, quello di "Viaggio in Italia".

Marianna è la prima ospite. "Ho ancora 21 anni e devo ancora studiare tanto": in realtòà ne compie 22 la settimana prossima e a differenza di tante coetanee se ne sfila uno invece che aggiungerne ad un'età che di sicuro non ha paura della vecchiaia. Sotto braccio, idealmente, ha il film che l'ha lanciata definitivamente. Perché "Indivisibili" era stata la storia della scoperta e del venire alla breccia: ma "Capri-Revolution" è la conferma, il film che l'ha vista nella cinquina dei David di Donatello solo pochi giorni fa. l'opera seconda che in genere è molto più difficile della prima. Specie a 21 anni,anzi 22.

"Volevo scoprire dai nonni cosa fosse quel periodo, cosa fosse la vita nelm 1914 quando le famiglie cominciavano ad aver paura del distacco, della perdita per la guerra di un figlio o di un parente caro". La guerra è sullo sfondo del film di Mario Martone: il convitato di pietra, la punta di veleno che deforma lo splendore di Capri, incrina le scene di danza di un mondo che cerca la libertà e sta per trovare la più terribile delle catene.

"Il mio ruolo è quello di una capraia: e per questo ho parlato a lungo con chi porta le capre al pascolo". Cita il pastore di turno come fonte proprio come fa con i libri e con i saggi che ha letto per entrare nel clima di questa società di oltre cento anni fa e che assaggiava l'esperienza del tutto inedita, specie dalle nostre parti, di una comune nel segno della sfida al vecchio mondo.

"Non mangio cadaveri": si alza da tavola stizzitta quando i fratelli vorrebbero prometterla ad un potente dell'isola e sbatte i piatti rifiutandosi di mangiare il capretto. E' il momento della rottura, anche se nel sancirla ripete esattamente la stessa frase del suo nuovo "guru", il fondatore della comune che la affascina e che vive, tra danze nude e musica, nel cuore dell'isola. 

Con sensibilità di attrice forse coglie in quella frase insieme la ribellione, l'affermazione della propria identità, ma anche il rischio di cadere in un'altra dipendenza, nel momento in cui nel fuggire ti getti tra le braccia di un altro pensiero già articolato e formato. "Noi siamo la rivoluzione" scandisce nel film e in sala con il suo micidiale accento napoletano, che poi in realtà è casertano. 

Di fronte ha un pubblico probabilmente già superiore al numero degli aretini che abbia visto il film italiano più bello dell'ultima mostra di Venezia, in coda ad un anno non di capre ma di vacche magre per il cinema italiano: ma accetta la sfida. Al microfono risponde a tutto e tutto spiega. Meno il suo prossimo progetto. "Non posso" si scusa, però facendoti capire che quel progetto c'è già ed è decisamente avanzato: ma a 21 anni, anzi 22, non tutto riesci a nascondere, specie se va nella direzione della conferma di un successo.

"Il capraio mi ha insegnato un grido che infatti nel film lancio: e le capre effettivamente mi venivano dietro tutte e mi sono venute dietro per tutto il film". Lei è attrice ma anche cantante ("E spero prima o poi di trovare un altro progetto che unisca queste due mie passioni"): e per questo esalta il ruolo di chi ha furato le coreografie del film, Raffaella Giordano, un'altra straordinaria conoscenza aretina, e di chi ne ha curato le musiche, Apparat che poi è lo pseudonimo di Sascha Ring, un musicista tedesco.

Il suo personaggio nel film si chiama Lucia e lo cita in terza persona, come fosse altro da sè, come in effetti è: anche se quella ribellione è la stessa che a tratti le leggi negli occhi, e che in fondo ci aveva visto anche il regista di Indivisibili, visto che sullo sfondo c'è la stessa voglia di essere persona e non personaggio, di poter vivere la propria vita senza farsi telecomandare dagli altri.

 "Sono stati sei mesi di preparazione dura a questo ruolo". La gente in sala continua a chiederle e lei a rispondere: il film è finito da oltre mezz'ora ma l'incontro prosegue, stimolato da Marco Compiani, presidente dell'associazione "Doppio Sogno" che organizza questa serie che porterà all'Eden alcuni dei protagonisti del cinema italiano, e da Giacomo Mangini. Il prossimo appuntamento a maggio dovrebbe essere con Bangla, il racconto di un'emigrazione diversa da quella che filtra in questi giorni. Mentre sullo sfondo resta tra i possibili nomi in arrivo quellodi Alice Rohrwacher, magari per lo spazio cinema del Mengo Festival di luglio.

"Ricevo tante proposte ma alla fine devi scegliere e tante ne scarto": e lo dice come fosse normale scartare qualcosa a 21 o a 22 anni che sia.Ma anche in questo le danno una mano i nonni, la famiglia, la sorella che è attrice come lei anche se ora le sue strade si stanno via via dividendo.

Finisce la chiacchierata,  non finiscono gli applausi: e lei si sottopone al rito dei selfie. Solo che a 21 anni,anzi 22, ti puoi ancora permettere di stare lì, al centro, come se quelle foto fossero un regalo a lei invece che al pubblico. "Sono felice di essere ad Arezzo e spero di poter tornare per scoprirla, mi dicono tutti sia molto bella". Tornare magari con il suo spettacolo teatrale che sta portando in tour in queste settimane. Il titolo? "Cupo": e hai come l'impressione che quel velo di broncino possa tornarle di nuovo comodo.