La vita è bella, 20 anni fa la notte Oscar: città set del film record e l'occasione persa

21 marzo 1999 l'annuncio del premio: la veglia di C.Fiorentino, i silenzi in città. Il percorso tra le location, la febbre dei turisti. Ma anche un potenziale traino troppo trascurato

La corsa in bici in Piazza Grande

La corsa in bici in Piazza Grande

Arezzo, 21 marzo 2019 - Il carro armato che Giosuè «vince» alla fine del film è conservato in un museo di Latina. La memoria di quei giorni è custodita in decine di case aretine. Lui, il film da Oscar, il massimo incasso italiano nel mondo, il record di ascolto (16 milioni) anche in Tv. «La vita è bella» oggi compie vent’anni: o almeno li compie il suo trionfo agli Oscar. Stasera vent’anni fa Benigni passeggiava sui braccioli del «Dorothy Chandler Pavillon» di Los Angeles, richiamato dall’urlo verace di Sofia Loren. «Robbertooo»: un grido che sarebbe diventato un tormentone, sminuzzato e riproposto a ogni piè sospinto.

Un urlo che ad Arezzo è risuonato spento. Forte e colorato a Castiglion Fiorentino, dove tutta la notte degli Oscar andò in diretta, nel teatro cittadino: con gli appassionati a camminare nell’alba di quel trionfo lontano. Muto qui, dove fin da allora quel successo fu cavalcato poco e male. Solo un’idea, quella di un creativo come Alessandro Neri: costruire un percorso all’interno del centro storico. Una targa ad ogni scena. E a tutt’oggi, quando ormai quelle targhe sono appannate e logore, i turisti si fermano da tutto il mondo a scattare foto.

A volte cercano più la finestra da cui Maria gettava la chiave in piazza Grande che gli affreschi di Piero, Un fenomeno, un fenomeno che nei mesi del set aveva trasformato la città. Centinaia di comparse, parte delle quali protagoniste due estati fa alla rievocazione proposta da Marcello Comanducci. E le frasi che qua e là campeggiano a memoria, dalla passeggiata di Orefice padre e figlio davanti ai Costanti all’insegna della libreria in Borgunto. Tutti ricordano quel film come la vittoria di Prato a Los Angeles: ma in realtà in quel film c’era Arezzo in tutte le sue salse.

La corsa in bicicletta a traverso di piazza Grande, il mucchio di sabbia alla Badia, la scuola di via Garibaldi, il tappeto rosso sotto la scalinata del Duomo, il teatro Petrarca. E ancora Castiglion Fiorentino, Cortona, la straordinaria villa liberty di Montevarchi, perfino Castiglion Fibocchi. E’ il film che è rimasto scolpito nella storia del cinema italiano e quel film è un biglietto da visita impressionante della città. Anche se invisibile nella notte degli Oscar.

«Roberto sentiva come nessuno il richiamo della sua terra, anche se non ne parlava mai» ci confidava Simona Paggi, nomination agli Oscar per il montaggio. Prato, anzi Vergaio, certo: ma anche il suo paese di origine, Misericordia, e la nostra provincia. Da allora è tornato pochino, in grande stile a Castiglioni, poco o niente qui, malgrado gli inviti incessanti, l’ultimo nel luglio del 2017.

Però il compleanno rispolvera la memoria: fino alla prima al Politeama, e non a Terni (sede del secondo tempo) o a Prato. Tra altri braccioli, magari più scomodi, sui quali passeggiare. Sono tornati tornato più spesso Piovani, sulle note di una musica che ha bucato il mondo, e perfino il compianto Cerami: con Roberto passò giorni e giorni a Gargonza, per sfornare la sceneggiatura da brivido. Fino a quel finale, in sella al carro armato, i cui cingoli sono finiti chissà come nel museo di Latina